(di Francesca Chiri)
Dalla bulimia all'anoressia,
dall'autolesionismo agli attacchi di ansia, di panico fino ai
tentativi di suicidio: i disturbi di carattere psicologico dei
giovani sono in crescita continua ed esponenziale. Ma tra questi
ce ne è uno che non è abbastanza preso in considerazione: quello
della progressiva erosione delle capacità mentali dei ragazzi.
C'è un calo evidente, "incontrovertibile", legato all'abuso del
digitale sia nella scrittura che nella lettura.
"Alcune facoltà essenziali, come la memoria, lo spirito critico
e soprattutto la capacità di concentrazione sono sempre meno
nella disponibilità delle nuove generazioni. I giovani, e cioè
la classi dirigenti del domani, stanno riducendo
progressivamente le loro capacità mentali: è un dato molto
preoccupante che non può esser ignorato dalla politica" mette in
guardia Andrea Cangini, giornalista ed ex parlamentare,
direttore dell'Osservatorio Carta, Penna & Digitale, un centro
di analisi permanente istituito dalla Fondazione Luigi Einaudi,
nel giorno in cui si celebra la giornata nazionale della
scrittura a mano.
Il dato di partenza è impressionante: negli ultimi 10 anni i
disturbi dell'apprendimento degli studenti italiani sono
aumentati del 357%, i casi di disgrafia del 163%.
"Ho cominciato da giornalista ad occuparmi di questa materia,
poi da senatore in Commissione Cultura promossi un' indagine
conoscitiva sull'impatto digitale nei processi di apprendimento
dei giovani. Abbiamo ascoltato neurologi, psichiatri, grafologi
e vari esperti: tutti hanno tracciato un quadro fosco sulle
conseguenze legate all'abuso della tecnologia rispetto allo
sviluppo delle facoltà mentali, della capacità di attenzione e
concentrazione".
- Com'è possibile? Se leggo un libro in formato e-book o
cartaceo, cosa cambia?
"Le cause non sono mai uniche ma tutti i centri studi più
autorevoli, da Harvard a Tel Aviv, da Oxford all'Australia, ci
dicono la stessa cosa: da quando nel 2007 gli smartphone sono
entrati nella disponibilità dei ragazzi, progressivamente si è
assistito ad un sistematico deterioramento mentale che non si
arresta. Anzi, peggiora anno dopo anno. Scrivere a mano e in
corsivo e leggere su carta è un modo per rallentare in modo
considerevole questo processo. Grafologi e neurologi ci hanno
spiegato che sono ginnastica per il cervello: scrivere a mano,
in corsivo, sollecita 12 aree cerebrali, scrivere su una
tastiera ne sollecita solo 2. Scrivere a mano sollecita
l'emisfero sinistro del cervello che è quello che sovrintende al
pensiero logico lineare. Se non si scrive a mano si sviluppa,
perché iper-sollecitata, la parte destra, quella emotiva, che è
importante ma solo se bilanciata da quella razionale. Se la
parte razionale si indebolisce siamo ostaggio delle nostre
emozioni e non abbiamo la forza intellettuale di governarle".
- E cosa cambia per la lettura?
"Quando si legge su carta si fa più attenzione e si ricorda
meglio quello che si apprende. Hanno fatto un esperimento all'
Accademia militare di West Point. Hanno diviso un corso in due
sezioni: la classe che ha usato carta e penna ha avuto risultati
del 20-30% superiori rispetto a quella che ha usato strumenti
digitali. E casi del genere ne sono stati studiati ovunque: il
dato è acclarato. Scrivere a mano, inoltre, fortifica la propria
identità: non è un caso che i bambini quando imparano a scrivere
la prima cosa che fanno è esercitarsi sulla propria firma. Ma
questa capacità si sta perdendo: i grafologi che vanno nelle
scuole ci dicono che i ragazzi ormai hanno difficoltà anche ad
impugnare una penna come si dovrebbe".
- E c'è una differenza tra la scrittura in corsivo e in
stampatello, come fanno gli anglosassoni?
"Questa è una grande battaglia che combattono anche gli
americani: in 8 stati hanno introdotto nei programmi scolastici
la scrittura a mano in corsivo e per loro è una rivoluzione.
Anche la ministra dell'istruzione svedese, Lotta Edholm, quando
si è insediata, due anni e mezzo fa, ha smantellato tutto quello
che era stato fatto prima in termini di uso del digitale: in
Svezia era stato introdotto anche nelle scuole materne. Lei ha
buttato i tablet e reintrodotto la carta".
- Dobbiamo tornare alla penna e al calamaio?
"Al nostro Osservatorio aderiscono, oltre ad alcune società
private che ci sostengono, come Moleskine, l'Accademia della
Crusca, il Garante per l'infanzia, Telefono Azzurro e i
principali ordini di psicologi, psichiatri, grafologi,
pedagogisti: sono tutti convinti che il nostro allarme non è una
forma di nostalgismo. Ma l'entusiasmo per il digitale non deve
spazzare via quello che di buono c'è nel vecchio mondo".
- Che devono fare le scuole?
"Stanno arrivano molte risorse per digitalizzarle ma senza dare
loro una guida su come farlo. C'è uno studioso, Manfred Spitzer,
che ci dice che tanto più la scuola si digitalizza tanto più
calano le competenze dei ragazzi. Questo è un paradosso. Stiamo
spendendo fiumi di denaro pubblico per fare una cosa che
peggiora la situazione dei nostri studenti".
- Questo governo invece sembra invece dare ascolto al vostro
grido d'allarme
"Il Ministro è ben orientato a trovare una giusta dieta
mediatica. Il rischio è di passare come delle macchiette ma non
è così: in tutto il mondo, in tutti Parlamenti e governi
occidentali si sta ponendo questo problema. Anche sulla
circolare di Valditara sui telefonini è stato fatta tanta ironia
ma è sacrosanta: i cellulari non sono uno strumento didattico ma
solo motivo di distrazione e come tali vanno tenuti fuori dalle
scuole per aiutare i ragazzi a disintossicarsi dall'uso di
social, dalla visione compulsiva di video, dal continuo
scrollare di immagini di felicità e bellezza o videogiochi che
producono gli stessi effetti chimici che produce l'uso della
cocaina: incoraggiare il cervello a produrre dopamina. Per
questo è così difficile staccarsi dallo smartphone. I ragazzi
devono esserne informati".
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