(di Marzia Apice)
FRANCESCA ROMANA RECCHIA LUCIANI,
FILOSOFE. DIECI DONNE CHE HANNO RIPENSATO IL MONDO (Ponte alle
Grazie, pp.240, 18 euro). Dare voce alle filosofe, alla forza
dirompente del loro pensiero, per contrastare un potere maschile
che troppo a lungo ha voluto silenziarle, cancellandone il
prezioso contributo dato nei secoli al "sapere dei saperi", la
filosofia. Ci si addentra in un percorso irrituale,
anticonformista, in una storia per così dire "laterale",
leggendo il libro di Francesca Romana Recchia Luciani dal titolo
"Filosofe. Dieci donne che hanno ripensato il mondo", in uscita
con Ponte alle Grazie il 28 febbraio. Professoressa ordinaria di
Filosofie contemporanee e saperi di genere all'Università di
Bari Aldo Moro, l'autrice offre al lettore l'opportunità di una
"nuova storiografia filosofica", presentando i profili di dieci
assolute protagoniste, alcune più famose altre meno note al
grande pubblico, da Lou Salomé a Maria Zambrano, da Hannah
Arendt a Simone de Beauvoir, da Simone Weil a Agnes Heller,
passando per Carla Lonzi, Audre Lorde, Silvia Federici e Judith
Butler. Un excursus agile e puntuale, tra vicende personali e
visioni filosofiche ricostruite in un racconto che è sì colto e
denso di riferimenti, ma anche fluido e avvincente, non certo
destinato a un pubblico di soli specialisti. "Il mio obiettivo
era rivendicare uno spazio per le donne filosofe dentro un
canone della storia della filosofia che è tutto maschile,
rimettendo in discussione il modo in cui quel canone è stato
costruito", racconta all'ANSA l'autrice, "nel tempo si è infatti
voluto privilegiare un certo stile di pensiero, quello logico
razionale, dando una lettura del mondo in cui alcuni ambiti
cruciali, come l'affettività, l'emotività, l'irrazionalità,
vengono sistematicamente esclusi". Leggendo le loro storie
emerge quanto ognuna di queste filosofe abbia proposto non una
riflessione puramente astratta, o un mero esercizio teorico, ma
un pensiero del tutto radicato nella vita reale, nell'esperienza
quotidiana. E per questo ancora più affascinante e se vogliamo
più rivoluzionario.
"Di queste protagoniste, solo 4 erano accademiche, le altre no.
Contrariamente al modo in cui noi siamo abituati a studiare la
filosofia, in genere con un uomo che parla dalla cattedra, loro
si immergono con il corpo nel flusso della vita", spiega Recchia
Luciani, "tutte le loro interrogazioni hanno a che fare con
l'esperienza esistenziale: queste pensatrici usano concetti
astratti per interpretare una realtà che attraversano col corpo.
Quel corpo che nei secoli è stato considerato riproduttivo,
erotico, al servizio dell'individuo maschio, ma mai come luogo
di un'esperienza di pensiero". Che opinione ha il mondo
accademico di queste filosofe? "In realtà non vengono
considerate molto. Ora nell'ambito della filosofia moderna ci
sono molte donne sulla ribalta. Mentre quelle del passato si
studiano poco", aggiunge, "Certo, alcune sono più note, come
Hannah Arendt, che però è ritenuta una studiosa dei sistemi
politici. Le altre spesso sono derubricate a femministe, come de
Beauvoir, Lonzi, Federici, Butler: probabilmente per
ridimensionarle a soggetti in grado di parlare solo a un pezzo
di umanità. Ma neppure il femminismo parla solo alle donne,
vuole infatti migliorare le relazioni tra gli esseri umani al di
là del genere". Secondo lei le donne oggi hanno piena coscienza
di queste istanze? O l'emancipazione, i ruoli imposti dal
patriarcato, la libertà e la sottomissione delle donne sono temi
che restano confinati nelle aule universitarie e nelle battaglie
dei movimenti femministi? "Credo che sia un esercizio utile
sottrarre all'oblio il lavoro e l'impegno delle donne. Abbiamo
alle spalle già due secoli di rivoluzione femminista, e il
bilancio non è del tutto negativo. I processi che conducono a un
riconoscimento delle donne nella società sono attivi e di
successo, anche se non sempre", spiega ancora l'autrice, "ora
purtroppo assistiamo a un rigurgito, a una reazione maschile
alla libertà conquistata ed è molto preoccupante. Il fatto che
le giovani siano più consapevoli delle loro nonne le espone e le
rende vulnerabili. Gli uomini che avvertono di perdere privilegi
nel crollo del patriarcato stanno reagendo, cercando di
riaffermare proprio quei privilegi. Le violenze di genere
avvengono per questo". "Se ci sia una consapevolezza diffusa è
difficile dirlo", conclude Recchia Luciani, "nelle scuole
abbiamo l'impressione che ci sia più consapevolezza, altre volte
però sembra che ci sia una specie richiamo all'ordine. Accade
per esempio in politica: si legifera solo sul corpo delle donne,
mai su quello degli uomini, per disciplinarlo, e spesso a farlo
sono proprio le donne. Come dire che si fanno dieci passi avanti
e molti passi indietro".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA