Messa in cassaforte la manovra, su cui l'approvazione definitiva del Senato arriverà il 28 dicembre, si apre davanti al governo, alla maggioranza e alle opposizioni una ripresa impegnativa, che culminerà il 20 gennaio con la decisione della Corte costituzionale sull'ammissione del referendum abrogativo del ddl sull'autonomia differenziata.
Proprio quest'ultima scadenza impone nei primi giorni post-Epifania un impegno del Parlamento che implica un necessario accordo bipartisan. Si tratta della nomina di ben quattro giudici costituzionali, per eleggere i quali occorre il quorum dei tre quinti, soglia che il centrodestra non raggiunge da solo.
La Corte costituzionale ha, dal 21 dicembre, solo 11 dei suoi 15 componenti, il minimo legale per poter deliberare. Basterebbe un raffreddore per bloccarla. Di qui l'urgenza della convocazione del Parlamento in seduta congiunta per l'elezione dei quattro giudici.
E non sarà facile tale convocazione innanzitutto per il solito "ingorgo" di decreti. Al netto di quelli già all'esame del Parlamento, ve ne sono altri quattro approvati dal Consiglio dei ministri ma non ancora pubblicati in Gazzetta ufficiale (in attesa della bollinatura della Ragioneria generale dello Stato): il Milleproroghe, il decreto Caivano bis, un nuovo decreto Pnrr e quella sulle armi all'Ucraina. Quello degli armamenti a Kiev è un tema che divide sia le opposizioni (Pd a favore, M5s e Avs contrari) che la maggioranza. Nella Lega si sta infatti cominciando a discutere l'ipotesi di un ordine del giorno che chieda almeno ulteriori caveat per consentire l'invio di armi.
Il primo voto politicamente rilevante ci sarà già l'8 gennaio nell'aula di Montecitorio, chiamata a esprimersi sulle pregiudiziali delle opposizioni contro la riforma della giustizia, con la separazione delle carriere dei magistrati. Se verrà superato tale scoglio, come è facile prevedere, la Camera dovrà affrontare la votazione degli emendamenti su cui le opposizioni promettono battaglia. La maggioranza è comunque intenzionata ad approvarla entro il mese, per ottenere anche il sì del Senato prima della pausa estiva.
Secondo quanto ha affermato Giorgia Meloni ad Atreju, dovrebbe uscire dal congelatore anche la riforma del premierato. Per il 9 è stata fissata la conferenza stampa di fine anno, e molti osservatori si attendono delucidazioni sia sulla tempistica che sui contenuti. Questa riforma non può essere applicata senza la legge elettorale, ma su quest'ultima permane la nebbia.
La maggioranza si è poi impegnata in una complessa proposta di legge sulla Corte dei Conti, che nelle intenzioni dei proponenti (firmatario è l'attuale ministro Tommaso Foti), vorrebbe velocizzare l'utilizzo concreto dei fondi del Pnrr da parte delle pubbliche amministrazioni. La pdl, criticata dagli stessi magistrati contabili, trasforma la Corte da ente di sorveglianza ad ente di supporto della PA, spingendo anche il Quirinale ad accendere un faro sul testo.
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