Nel silenzio della neve che copriva le montagne umbre, Luciano Formica scriveva: "Cominciavano i giorni belli della vita di montagna, poiché se maggiormente faticosi, in verità molto più sicuri. I nostri nemici avevano un'altra tempra e non si sarebbero mai sentiti in animo di percorrere ore ed ore sulla neve per venire a rastrellarci". Era il 1944, e il giovane comandante partigiano, appena diciannovenne, guidava il Distaccamento "Matteotti", parte del Battaglione "Angelo Morlupo" della IV Brigata Garibaldi di Foligno. La sua storia, racchiusa nel diario scritto pochi mesi dopo la fine della guerra, rivive oggi nel racconto, all'ANSA, del figlio Sergio e e del nipote Mauro Formica.
Il diario, pubblicato con il titolo "Il 20 settembre presi la via della montagna", rappresenta una memoria intima e diretta dei dieci mesi di guerra vissuti da Luciano, conosciuto tra i compagni come "Sandro". La sua attività di resistenza si concentrava tra Spello, Foligno e l'Appennino umbro-marchigiano, un'area in cui ogni collina e vallata portava i segni delle lotte per la liberazione. "Passai l'arco, e fui di nuovo, come sapevo d'essere stato solo da bimbo, ai piedi della prima salita. In alto era la mia casa, in alto più in alto i miei sogni, e cominciai a salire", scriveva Luciano ricordando il ritorno a Spello, finalmente libero, dopo mesi di angoscia e pericoli.
La memoria di Luciano, rinvenuta per caso molti anni dopo, è oggi affidata ai figli dei protagonisti. "Non sapevo che mio padre avesse lasciato un diario", racconta Sergio. "Quando ho letto quelle pagine, sono rimasto colpito dalla lucidità e dall'assenza di odio nel racconto. Mio padre descriveva i fatti in maniera oggettiva, lasciandosi andare ai sentimenti solo quando parlava della famiglia, di suo padre incarcerato, di sua sorella Giorgina, staffetta partigiana, e di suo fratello Marcello, anch'egli comandante partigiano".
Una famiglia dedita alla resistenza, che pagò un prezzo altissimo per la libertà. Luciano e Marcello avevano una taglia sulla testa, e per stanarli i fascisti incarcerarono il loro padre. Giorgina subì la prigionia, ma non smise mai di sostenere la causa. "C'è una foto che rappresenta tutto - aggiunge Sergio - Luciano e Giorgina seduti, sorridenti, con un mitra in mano. È diventata un simbolo della Resistenza".
Il diario di Luciano, datato agosto 1944, è una testimonianza preziosa, scritta a ridosso degli eventi, e restituisce uno spaccato vivido e toccante di quei mesi. "La resistenza non è solo un atto di ribellione - sottolinea Mauro, figlio di Marcello - ma una scelta di libertà". "Oggi, nel Giorno della Memoria - aggiunge - ricordare queste storie è un monito contro ogni forma di sopraffazione, contro l'indifferenza. Il diario di Luciano ci insegna a non dimenticare, a mantenere vivo il senso critico e il coraggio di opporsi alle ingiustizie".
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