"Le vittime innocenti della guerra
superano le 2.700, mentre i feriti, tra cui giornalisti, sono
quasi 12.600, secondo i dati ufficiali. La situazione degli
sfollati è particolarmente allarmante: circa un milione di
persone hanno dovuto abbandonare le proprie case, soprattutto a
sud di Beirut, nelle aree meridionali del Paese e nella valle
della Bekaa, tra le più colpite dai raid israeliani". A parlare
è don Hadi Zgheib, sacerdote libanese maronita dell'Eparchia
Patriarcale, Vicariato di Jounieh; è dottorando in psicologia e
assistente presso la Pontificia Università Gregoriana. Ha
incontrato un gruppo di giornalisti a Roma, in un evento
organizzato dall'Iscom, per parlare della situazione nel suo
Paese. "L'inverno - dice ancora don Zgheib - è imminente e
porterà con sé ulteriori sfide per le persone, che dovranno
affrontare difficoltà ancora maggiori".
Il sacerdote maronita ricorda che il Libano era conosciuto
come "la Svizzera dell'Oriente", mentre oggi attraversa uno dei
periodi più difficili della sua storia. Non solo per la guerra e
gli attacchi di Israele ma anche per la profonda crisi
economica: "I libanesi hanno subito la perdita dei fondi
depositati nelle banche. Si pensi a una persona che ha dedicato
una vita intera al lavoro, con l'obiettivo di garantirsi una
pensione serena e dignitosa, ma si ritrova a perdere tutto. In
Libano, la carenza di beni essenziali, dai generi alimentari ai
farmaci, ha colpito molte famiglie, comprese quelle cristiane".
La morsa di violenza e di sangue che attanaglia il Libano non
ha in realtà soffocato lo spirito di solidarietà e accoglienza
che contraddistingue i rapporti tra le diverse comunità,
comprese quelle religiose. Molti di coloro che fuggono dalle
bombe e dai combattimenti sono musulmani, e spesso trovano
rifugio nei villaggi cristiani. In un Paese, che è sempre stato
"un mosaico" per la presenza di diverse confessioni religiose,
possono esserci tensioni, date le divergenze politiche.
"Nonostante le grande sfide, noi cristiani siamo consapevoli
della nostra vocazione e missione nel Medio Oriente, del nostro
ruolo in questa terra. Infatti, i miei confratelli parroci nelle
aree più colpite, affermano con determinazione che, nonostante
l'alta tensione, non vogliono abbandonare la gente sofferente.
Desiderano rimanere accanto a coloro che, anche spesso
musulmani, condividono esperienze di fame e sete, che
trascendono ogni religione", dice il sacerdote. La Chiesa
maronita è in prima linea sia negli aiuti che nel chiedere la
pace. Il Patriarca Bechara Rai ha convocato un vertice
cristiano-islamico chiedendo di "fermare il massacro" e facendo
appello alla comunità internazionale. Ha inoltre incontrato, in
questi giorni che era a Roma per il Sinodo, il Papa che è "molto
sensibile, prega molto per la pace in Medio Oriente".
Tante le iniziative della Chiesa per soccorrere gli sfollati:
le scuole, le parrocchie e i conventi hanno aperto le porte a
coloro che hanno dovuto lasciare le loro case. Inoltre, vi è il
costante lavoro di tante organizzazioni, associazioni e opere
caritative cristiane, come Caritas Libano, insieme ad iniziative
personali. La speranza per il futuro "è che nessun pezzo del
mosaico libanese sia escluso o emarginato", conclude padre Hadi.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA