(di Mauretta Capuano)
Scrittore, viaggiatore, Paolo
Rumiz, Premio Campiello alla carriera 2024, invita gli
intellettuali a "smetterla di guardarsi l'ombelico". A poche
ore dalla finale della 62/ma edizione del Premio Campiello, il
21 settembre al Gran Teatro La Fenice di Venezia dice: "qui
sento l'odore e la fisicità del libro che è una cosa che ci
consente libertà in un mondo un cui incombe la rete". "Siamo
arrivati - spiega Rumiz - a un momento della nostra storia in
cui non basta più fare letteratura, bisogna fare narrazione. Non
possiamo più rispondere alle ragioni della pancia con
l'intelletto, ma con il cuore. L'intellettuale non può chiamarsi
fuori, è quasi osceno".
La politica, specialmente tra le "anime belle" della sinistra,
sta perdendo vocaboli. C'è una emorragia di termini che molto
spesso si trasferiscono in modo indolore dall'altra parte del
quadro politico. Il compito dello scrittore è quello di
rifornire di parole il quadro politico per consentirgli di
riempire il discorso di emozionalità" dice Rumiz.
"La sinistra europea, i partiti democratici devono ritrovare la
capacità di comunicare con il cuore, organo fondamentale della
letteratura" spiega l'autore di libri come Il bene ostinato,
Trans Europa Express e Ombre sulla corrente.
Deve trovare "anche una capacità di ironia che sembra
completamente avere perso e che mi ha illuminato quando ho
sentito quella meravigliosa risata di Kamala Harris difronte a
certe enormità dette da Donald Trump. Questo manca.
Seppelliamoli con una risata. Manca soprattutto una direzione
da comunicare. Non si può vivere contro, continuamente contro.
Tu ti definisci con il pubblico dal momento in cui dici chi sei
e in che direzione vuoi andare. Mentre noi ci limitiamo a
contrapporci, non basta. La mia non è soltanto una critica a una
destra che sta scivolando in modo illiberale e preoccupante, ma
anche nei confronti di una sinistra che non sa narrare, cioè
usare l'arma fondamentale della narrazione" sottolinea.
Il Premio va a Rumiz "per una vita di scrittura, viaggi, impegno
civile e legami con questa terra e l'Europa" ha spiegato Walter
Veltroni per quattro anni consecutivi presidente della Giuria
dei Letterati.
"L'esperienza più longeva nella storia del premio. Sono grato.
Sono stati quattro anni di lavoro in totale autonomia e
indipendenza. Nessuno dall' interno o dall'esterno ha cercato di
influire sulle scelte fatte. La giuria può rivendicare che il
prestigio del Premio è ulteriormente cresciuto. Siamo stati una
giuria che ha scelto, ma il giudizio finale è dei lettori" ha
detto Veltroni annunciando che questo sarà l'ultimo anno da
presidente della Giuria dei Letterati. Con la 62/ma edizione si
conclude anche la presidenza di Enrico Carraro alla Fondazione
Il Campiello e a Confindustria Veneto. "Io e Walter abbiamo
fatto questa magnifica esperienza. Il Campiello sarà sempre più
bello" ha detto Carraro nel suo saluto.
Rumiz ha anche raccontato di aver appena finito un viaggio
europeo in cui ovunque, da Madrid a Berlino, da Strasburgo a
Napoli ha sentito lo stesso bisogno di narrazione. C'è un vuoto
spaventoso in cui è caduta l'opinione pubblica per assenza di
narrazione. C'è un vuoto narrativo da riempire e questo è il
compito degli scrittori che dovrebbero mettere parole nuove e
una tonalità nuova nel discorso politico" dice
Rumiz che vive in Slovenia, a due chilometri dal confine. "La
frontiera è un sismografo fondamentale di tante cose che
accadono. Sotto casa mia passavano i profughi ucraini, gli
afgani e ora, l'ultima ondata, sono i bengalesi. Vedo queste
persone, gli do da mangiare e da bere prima che passino il
confine e veder piangere questi ragazzi nel momento in cui
vedono il mare dall'altra parte della collina è una cosa che mi
ha profondamente colpito. Non ho mai visto politici o gente
comune commuoversi quando sentono il profumo dolce della patria.
Ma lo sappiamo dove viviamo? Il privilegio che abbiamo di vivere
in Europa? Sappiamo quanti diritti sono ancora garantiti? "
afferma lo scrittore.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA