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Responsabilità editoriale di ASviS
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Il 24 gennaio la Casa Bianca ha diffuso dai suoi profili social le foto di immigrati in catene che salivano su un aereo per essere espulsi. Pochi giorni dopo la neo-segretaria della Sicurezza interna, Kristi Noem, si è fatta fotografare a New York con le divise dell’Ice (Immigration and customs enforcement) nell’operazione di “caccia allo straniero” che si è consumata nella Grande Mela tra il 27 e il 28 gennaio, dopo aver colpito Chicago, Seattle, Atlanta, Boston, Los Angeles, New Orleans. Su X la stessa Noem ha detto: “Continueremo a rimuovere questa immondizia dalle nostre strade”, allegando sotto l’immagine di un immigrato appena catturato. Nonostante Noem abbia precisato che tra i fermati c’era un numero (non specificato) di “delinquenti”, circa la metà delle 1179 persone catturate (566) non aveva commesso reati, e per quanto riguarda gli altri 613 non si è ancora capito se il crimine consistesse nell’essere tornati negli Usa dopo una prima espulsione, o meno. Thomas Homan, l’uomo scelto da Trump come nuovo responsabile della frontiera degli Stati Uniti, li ha definiti “arresti collaterali”. Della serie: noi intanto prendiamo tutti, poi si vede.
Le immagini “spettacolari” e la disparità tra numero di arrestati ed effettivi colpevoli rende l’idea di quanto quella messa in piedi da Trump in questi giorni sia un’operazione di propaganda. Operazione che fa leva su una paura, la “paura dell’altro”, che sembra definire il nostro tempo ancora più che in passato. E che riemerge con chiarezza in occasione di ricorrenze come la Giornata della Memoria, in cui la senatrice Liliana Segreha ribadito l’importanza dell’“accoglienza”, “Accoglienza dell'altro, di qualunque colore, di qualunque religione, etnia, nazionalità. L'accoglienza risolverebbe tutti i problemi”.
Ma il mondo sembra andare in un’altra direzione. Secondo un sondaggio del New York Times, oggi l’opinione pubblica statunitense è più allineata con i programmi di espatrio del tycoon. Il 55% dei cittadini statunitensi è favorevole all’espulsione degli immigrati senza documenti (circa 13-14 milioni di persone), il 54% all’espulsione delle persone entrate illegalmente negli Usa dal 2020, il 41% è d’accordo con quest’affermazione: “Gli immigrati oggi sono un peso per il nostro Paese”.
Durante il discorso d’insediamento, Donald Trump ha parlato di “un’invasione” di migranti dal Messico, ed evidentemente questo discorso ha fatto breccia. Le misure di rimpatrio (la cui fattibilità è tutta da vedere) potrebbero avere enormi ripercussioni per la popolazione latino-americana, come ha fatto notare Maddalena Binda nel suo focus pubblicato su FUTURAnetwork. Si stima che degli 11 milioni di persone residenti negli Usa illegalmente, oltre quattro milioni siano messicani, due milioni vengano dall’America Centrale, 800mila dal Sud America e 400mila dalla regione caraibica. Migrazioni che sono dovute a ragioni di instabilità e insicurezza nazionale nei Paesi di provenienza (Venezuela, Colombia, Haiti, Ecuador, El Salvador, Nicaragua) e a disastri ambientali (Cile, Brasile e di nuovo Colombia).
In realtà gli attraversamenti della frontiera Messico-Stati Uniti, cresciuti molto nei primi anni dell’amministrazione Biden, sono calati dopo che l’ex presidente ha emesso negli ultimi mesi del suo mandato una serie di provvedimenti per limitare l’accesso all’asilo e rendere più difficile per i migranti senza documenti restare negli Usa. Ma Trump ha fatto leva su questa paura collettiva per portare avanti il suo programma di espulsione su larga scala.
A dimostrazione del fatto che non è tanto il numero di migranti che conta, quanto la percezione del rischio dell’immigrazione stessa. Secondo il rapporto Mixed migration review, nel 2024 la migrazione è stata uno degli argomenti più strumentalizzati delle campagne elettorali (oltre 80 Paesi sono stati chiamati al voto l’anno scorso, coinvolgendo quasi metà della popolazione mondiale) e ha influenzato profondamente politiche e opinioni pubbliche.
Come ha sottolineato Elita Viola nel suo articolo su ASviS dedicato al Rapporto, esistono alcuni luoghi comuni specifici su cui la retorica populista ha fatto leva, e che il Mixed migration review ha provato a sfatare:
I migranti sovraccaricano i sistemi di welfare: in Paesi come il Regno Unito, ad esempio, i migranti hanno contribuito al sistema fiscale con oltre 20 miliardi di sterline in più rispetto ai benefici ricevuti nell’ultimo decennio.
Queste fake news hanno delle conseguenze, come ben sappiamo. Sono aumentati gli investimenti per l’esternalizzazione dei controlli migratori, con accordi sempre più frequenti tra Paesi europei e africani. I Paesi dell’Ue hanno investito oltre 12 miliardi di euro tra il 2016 e il 2024 in progetti di controllo dei flussi migratori in Africa, aumentando i pattugliamenti nel Mediterraneo e la collaborazione con gli Stati nordafricani per impedire le partenze. E sono aumentate le espulsioni forzate, con un incremento del 15% dei rimpatri nell’Ue rispetto al 2023. Inoltre, la retorica elettorale sulla migrazione come “minaccia alla sicurezza nazionale” e “assalto ai confini” ha deliberatamente ignorato i dati che dimostrano come la maggior parte dei migranti si sposti all’interno delle proprie regioni, come sottolinea il Rapporto Mixed migration review. Nel 2024, circa il 70% degli sfollati globali ha cercato rifugio in Paesi vicini, senza mai tentare di raggiungere l’Europa o il Nord America.
Anche in Italia, naturalmente, questa retorica fa effetto. Come ha fatto notare Massimo Giannini su Repubblica, foto, video e slogan contribuiscono alla “costruzione del nemico straniero”.
Su di lui — ultimo anello nella catena del valore globale — i vari commander e conducator della rinata Internazionale sovranista possono scaricare le colpe della disgregazione nazionale, dell’insicurezza sociale, della macelleria occupazionale. Attraverso di lui — esattamente come dice il Mussolini di Scurati, “figlio del secolo” — i patrioti al potere possono garantirsi il consenso dei penultimi “trasformando la loro paura in odio”.
I dati però ci raccontano un’altra realtà. Secondo il Rapporto “Cittadini stranieri in Italia”, un’indagine statistico-demografica dell’Organismo nazionale di coordinamento per le politiche di integrazione (Onc), presentato a dicembre scorso al Cnel, i migranti hanno un “ruolo determinante” negli scenari demografici italiani.
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di Flavio Natale
Responsabilità editoriale di ASviS
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