"Due anni fa, a pochi metri dalla
spiaggia di Steccato di Cutro, un'imbarcazione di legno
sovraffollata si spezzava, causando la morte di almeno 94
persone, tra cui bambine e bambini. La barca, che trasportava
circa 180 persone provenienti da paesi come Afghanistan, Iran,
Pakistan e Siria, era partita dalla Turchia quattro giorni
prima. Sono sopravvissute solo 80 persone, inclusi alcuni
parenti di coloro che hanno perso la vita. Nonostante
l'indignazione suscitata in occasione di quell'ennesimo,
drammatico naufragio, tragedie simili hanno continuato a
verificarsi. Negli ultimi due anni, oltre 5.400 persone hanno
perso la vita nel Mediterraneo". Lo ricordano in una nota
congiunta Laurence Hart, direttore dell'ufficio di coordinamento
del Mediterraneo dell'Oim, Nicola Dell'Arciprete, coordinatore
della Risposta in Italia per l'Ufficio Unicef per l'Europa e
l'Asia Centrale, e Chiara Cardoletti, Rappresentante dell'Unhcr
per l'Italia, la Santa Sede e San Marino.
"Ogni morte è una disgrazia che - proseguono - distrugge la
speranza di una famiglia di trovare pace, sicurezza e la
possibilità di ricostruire una vita dignitosa in un nuovo Paese.
Questa cupa ricorrenza è un promemoria della necessità urgente
di un sistema strutturato ed efficace di ricerca e soccorso in
mare, basato sul diritto internazionale, che preveda il
coinvolgimento dell'Ue a supporto del lavoro vitale della
Guardia Costiera italiana. Ricordiamo che salvare vite in mare
non solo è una tradizione marittima di lunga data ma è un dovere
legale degli Stati. Le traversate del Mediterraneo sono
pericolose, le imbarcazioni utilizzate sono inadatte alla
navigazione e rischiano di capovolgersi con facilità. Il
soccorso deve avvenire il più rapidamente possibile".
I tre esponenti ribadiscono inoltre "l'appello ad ampliare e
rafforzare canali sicuri e regolari di migrazione, tra cui il
programma di reinsediamento, i ricongiungimenti familiari, le
evacuazioni di emergenza, i corridoi umanitari, quelli
universitari e lavorativi, come alternative ai pericolosi
viaggi in mare. Solo investendo in un sistema coordinato di
ricerca e soccorso e sviluppando politiche a lungo termine -
concludono - si potranno contrastare le reti criminali di
trafficanti, proteggendo al contempo i diritti umani delle
persone che intraprendono questi viaggi, indipendentemente dalla
loro origine"
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