Il comparto italiano
dell'automotiverischia di rimanere indietro nella transizione
verso il motore elettrico, rispetto alle rivali europee, per il
minor numero di fusioni e acquisizioni realizzati, non
compensato dalla crescita interna di ricerca e sviluppo. Per
questo le misure pubbliche di aiuto dovrebbero incentivare le
attività di M&A delle aziende e non l'acquisto di auto a bassa
emissione da parte dei consumatori, cui si avvantaggerebbero i
produttori di altri paesi più avanti in questo comparto. E'
quanto emerge da un paper dei ricercatori della Banca d'Italia
realizzato sui dati 2013-2018 sulla base del numero di brevetti
collegati con tecnologie a basso impatto ambientale e l'attività
di fusione e acquisizione delle imprese. Nel lavoro si ricorda
"lo shock tecnologico del 2015" innescato dallo scandalo
Dieselgate della Wolkswagen e dall'accordo di Parigi e la
successiva reazione delle diverse aziende europee ed italiane.
In particolare, l'analisi della Banca d'Italia riconosce come
le imprese italiane abbiano fortemente aumentato il numero di
brevetti relativi a tecnologie a basso impatto ambientale
rispetto alla media europea. "Tuttavia, solo recentemente stanno
sviluppando le competenze necessarie per la produzione di motori
elettrici, soprattutto attraverso l'attività innovativa interna"
spiegano i ricercatori." Le aziende europee, invece, stanno
consolidando un processo già intrapreso in precedenza,
intensificando le operazioni di fusioni e acquisizioni. Queste
diverse strategie potrebbero determinare un ritardo del settore
dell'auto italiano rispetto a quello europeo e avere
ripercussioni sulle quote di mercato delle imprese nazionali" si
legge. E sulle misure pubbliche i ricercatori sottolineano come
i programmi destinati a incentivare l'acquisto di veicoli a
bassa emissione probabilmente beneficeranno le aziende che sono
più avanti nella transizione verde. Anche per questo, colmare il
ritardo per le imprese italiane è necessario se vogliono
cogliere i benefici delle politiche nazionali ed europee. Anche
i provvedimenti fiscali che incentivano la ricerca potrebbero
non essere efficaci visto che lo sviluppo di tecnologia 'verde'
può essere complesso e richiedere tempo. La strada di incentivi
a fusioni e acquisizioni è quella più rapida ed efficace.
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