Le persone che convivono con una
diagnosi di tumore sono aumentate di oltre 1 milione in quasi 15
anni, passando dai 2,5 milioni del 2006 ai 3,6 milioni nel 2020,
pari a un aumento di circa il 40%. Molti di loro sono, a tutti
gli effetti, guariti, altri hanno iniziato da poco le cure,
altri ancora riescono a controllare la malattia per decenni
grazie alle nuove terapie. Nel Piano Oncologico Nazionale di
recente approvato, però, non sono previsti interventi normativi
per garantire a tutti la riabilitazione. A denunciarlo è il
15/mo 'Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati
oncologici', presentato dalla Federazione delle Associazioni di
Volontariato in Oncologia.
Le persone che vivono dopo una diagnosi di tumore in Italia
stanno rapidamente aumentando e quasi un terzo, circa un milione
di cittadini, può considerarsi guarito. "Alla guarigione clinica
- spiega Francesco De Lorenzo, presidente Favo - spesso si
accompagnano disabilità, fisiche e psicosociali, recuperabili
proprio attraverso programmi di riabilitazione. Questa è
necessaria per restituire alla persona guarita una vita piena,
ma anche un uso appropriato delle risorse". I tumori
rappresentano infatti la causa principale del riconoscimento
degli assegni di invalidità e delle pensioni di inabilità, con
un trend in crescita". Nel Piano Oncologico però aggiunge,
precisa Elisabetta Iannelli, segretario Favo, "non si interviene
per promuovere l'approvazione di normative che tutelino il
lavoro per malati e caregiver e il diritto all'oblio
oncologico".
Una delle più importanti innovazioni che sta modificando la
sopravvivenza è l'oncologia di precisione, ovvero terapie mirate
su specifiche mutazioni. "Queste - precisa Elisabetta Iannelli,
segretario Favo - richiedono una caratterizzazione
bio-molecolare dei tumori ma nel Piano oncologico mancano
riferimenti per sviluppare una governance nazionale e regionale
per l'esecuzione dei test di sequenziamento genico di nuova
generazione".
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