Erano noti per essere invisibili e inafferrabili, e adesso sappiamo che le più sfuggenti delle particelle, i neutrini cosmici ad alta energia, sono anche onnipresenti nella Via Lattea. Vedere il loro bagliore attraverso la galassia è stato possibile grazie alla grandissima quantità di dati raccolti in dieci anni da IceCube, il più grande telescopio di neutrini del mondo che studia questi fantasmi dell'universo dai ghiacci dell'Antartide, in una base vicina alla Stazione americana Amundsen-Scott, con migliaia di sensori distribuiti in un chilometro cubo. Lo ha fatto con l'aiuto dell'intelligenza artificiale, che ha ottenuto modelli teorici sulla base dell'enorme quantità di dati.
La scoperta, che apre un nuovo capitolo nell'astrofisica delle alte energie nella Via Lattea, è pubblicata sulla rivista Science dalle centinaia di ricercatori della Collaborazione internazionale IceCube, che comprende 58 Istituzioni di 14 Paesi della quale fa parte l'Università di Padova. L'Italia, con l'Infn, ha dato un contributo importante con i modelli teorici. A svilupparli hanno contribuito anche le Università di Pisa, Federico II di Napoli, Sapienza di Roma, Gran Sasso Science Institute e Università di Stoccolma.
La scoperta conferma un fenomeno previsto da decenni, ossia l'esistenza nella nostra galassia di un alone diffuso costituito dai neutrini cosmici, particelle che attraversano continuamente la materia, dalla Terra al corpo umano, senza lasciare traccia. E' una scoperta che "sicuramente stravolge la nostra comprensione sia della distribuzione di materia nella nostra galassia, sia della distribuzione di possibili sorgenti astrofisiche di raggi cosmici, perché il segnale rivelato è molto più intenso di varie previsioni teoriche", dice all'ANSA Elisa Bernardini, dell'Università di Padova e coordinatrice della partecipazione italiana a IceCube.
"E' la prima volta che viene fatta una misura di questo tipo, più difficile rispetto a quelle fatte finora in quanto non si cercano sorgenti puntiformi, ma un fondo diffuso", osserva Dario Grasso dell'Infn, che ha collaborato con IceCube all'analisi dei dati. Un'analisi, aggiunge, che ha richiesto "un passaggio in più nell'analisi statistica e il ricorso a tecniche di intelligenza artificiale".
Il modello teorico così ottenuto ha permesso di confermare l'esistenza di un alone diffuso di neutrini ad alte energie nella Via Lattea. "Che ci fosse un'emissione diffusa non era inatteso, il fatto nuovo è che l'emissione è più intensa di quanto ci si aspettasse", aggiunge. "Il gruppo italiano ha fornito alla collaborazione IceCube una mappa relativa al modello, rendendo possibile l'analisi" ed è emerso in questo modo che "i modelli convenzionali hanno qualcosa che non va: deve esserci qualcosa di diverso nei raggi cosmici che collidono con il mezzo interstellare producendo più neutrini, è come se fossero più concentrati nel centro della galassia".
Nel 2013 IceCube aveva scoperto i neutrini astrofisici di altissima energia, inaugurando la cosiddetta astronomia dei neutrini, e nel 2018 aveva annunciato l'identificazione di una loro prima sorgente extra galattica, ma ad oggi l'origine della maggior parte dei neutrini rivelati rimane non identificata. La nuova scoperta conferma l'esistenza di un'emissione di neutrini più diffusa e abbondante del previsto, così come una popolazione di raggi cosmici nelle regioni più interne del piano galattico, più energetica di quella osservata in prossimità della Terra.
Sono informazioni preziose per comprendere l'origine dei raggi cosmici, finora misteriosa. Per Bernardini "la prossima sfida sarà distinguere il segnale diffuso di neutrini dovuti alle interazioni dei raggi cosmici nel loro viaggio attraverso la materia distribuita nella galassia, da quello generato dai neutrini prodotti direttamente dalle sorgenti astrofisiche, che al momento non siamo ancora in grado di distinguere. Stiamo dando la caccia all'origine dei raggi cosmici con occhi interamente nuovi".
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