A plasmare l’ambiente e l’evoluzione dei primi ominidi è stata l’attività vulcanica intermittente che ha caratterizzato negli ultimi 4 milioni di anni la Rift Valley africana, uno dei luoghi più importanti per la paleoantropologia: queste eruzioni, con episodi molto intensi alternati a periodi di quiete, sono infatti avvenute proprio quando Lucy e i suoi simili appartenenti alla specie Australopithecus afarensis hanno lasciato il posto ai nostri antenati delle prime specie del genere Homo. È quanto emerge dallo studio internazionale pubblicato sulla rivista Communications Earth & Environment e guidato dall’Università di Firenze, al quale ha partecipato anche l’Istituto di Geoscienze e Georisorse del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Firenze.
“Grazie ai dati raccolti durante diverse campagne sul campo e alla datazione in laboratorio dei numerosi campioni di rocce vulcaniche, abbiamo identificato un periodo principale di intensa attività vulcanica tra 3,4 e 3,8 milioni di anni fa, seguito da altre quattro fasi di forte vulcanismo”, dice Giacomo Corti del Cnr-Igg, tra gli autori dello studio guidato da Zara Franceschini dell’Università di Firenze. “In ciascuna di queste fasi sono stati riconosciuti eventi esplosivi di grande entità, alcuni dei quali hanno prodotto depositi vulcanici spessi decine di metri”.
Questi eventi hanno senz’altro avuto un impatto significativo sul paesaggio, trasformando vaste aree e rendendole inospitali per lunghi periodi, con possibili conseguenze anche sul clima globale. Ma, soprattutto, hanno modificato l’ambiente e le condizioni di vita in un’area chiave per l’evoluzione umana. “Il nostro lavoro mostra come questi fenomeni vulcanici possano avere un’evoluzione temporale molto irregolare – commenta Franceschini – con conseguenze rilevanti per la morfologia, il clima e le condizioni ambientali di vaste regioni del pianeta”.
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