Ai Weiwei torna a New York, la città dove tra il 1981 e il 1993 - 12 anni cruciali nella sua carriera - prese forma la sua visione dell'arte come strumento di resistenza e empowerment. What You See is What You See, una frase di Frank Stella, dà il il titolo della mostra da Faurschou, il museo privato danese che nel 2019 ha aperto un avamposto a Brooklyn. Molte opere nella rassegna sono "appropriazioni" di capolavori della storia dell'arte - dall'Ultima Cena di Leonardo alla Venere Addormentata di Giorgione - realizzate con i mattoncini del Lego. C'è anche un "Frank Stella" che dell'artista newyorchese morto lo scorso maggio riprende le geometrie di Harran II (al Guggenheim), incorporando però nello schema i colori della bandiera palestinese.
La mostra è la prima di Ai a New York in otto anni. Presenta 12 opere su larga scala (nessuna in vendita) che affrontano temi come la libertà di espressione e i conflitti geopolitici del nostro tempo. A New York negli anni Ottanta, Ai era rimasto colpito dai ready-made di Marcel Duchamp e alle immagini in serie di Andy Warhol. Le nuove opere, che evocano i pixel in cui si scompone un'immagine sul computer, sollevano interrogativi sulla creatività e la tecnologia, l'accessibilità e la replicabilità di immagini culturali nell'era digitale. La mostra si apre con The End, il titolo finale di Il Grande Dittatore di Charlie Chaplin. In altre opere Ai entra nel quadro: in Ultima Cena Turchese siede al tavolo del banchetto nella parte di Giuda, mentre in After The Death of Marat, posizionandosi come il piccolo profugo siriano Alan Kurdi morto sulla spiaggia dell'isola di Lesbo, giustappone la tragica sorte del bambino con l'iconica immagine di Jean Louis David nel dipinto del 1793 La Morte di Marat. Lo stadio olimpico da lui disegnato per i Giochi di Pechino fa da sfondo, nella versione di Ai, al monumentale Washington che Attraversa il Delaware.
Nella Venere Addormentata di Dresda, un appendiabito adagiato accanto al letto della dea evoca il dramma degli aborti clandestini, mentre un buco nero in mezzo ai Water Lilies di Claude Monet (nella versione del MoMA) ricorda ad Ai la caverna in cui da bambino fu costretto a vivere durante l'esilio del padre condannato dalla Rivoluzione Culturale. Due opere non fanno uso di mattoncini: Party, una grande scultura in ferro che esplora i temi dell'addio alla casa e dell'appartenenza, è ispirato dalla rete sotterranea di radici con cui gli alberi comunicano tra loro, mentre Combat Vases - installazione di 90 elmetti da combattimento di porcellana - rimanda all'offerta nel 2022 della Germania di mandarne cinquemila in Ucraina dopo l'invasione del paese da parte della Russia: una riflessione su un gesto criticato come privo di reale impatto sull'andamento del conflitto.
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