"Dipingo sempre quello che sono,
non quel che vedo". Era questo il pensiero del pittore
statunitense, italiano di adozione, William Congdon (1912-1998)
al quale il Museo d'arte e la Fondazione Cardinal Giacomo
Lercaro di Bologna, in collaborazione con The William G. Congdon
Foundation, il Museo Diocesano di Milano e la Galleria d'Arte
Contemporanea della Pro Civitate Christiana di Assisi, dedica la
mostra "William Congdon. Paesaggio come misura del corpo" che
inaugura il 27 marzo alle 18 per restare aperta fino al 27
luglio prossimo a ingresso libero.
Curata da Pasquale Fameli e Giovanni Gardini e pensata per il
Giubileo, l'esposizione si focalizza sulla produzione ultima di
Congdon, quella degli anni '80 che tende a una radicale
riduzione dei dati figurativi a vantaggio di una visione
astratta ed essenziale, ma allo stesso tempo carica di
significati esistenziali. "Una mostra che racconta la sua
vicenda spirituale, una vicenda di speranza nella sua
conversione al cristianesimo", ha spiegato Gardini alla
presentazione. E di speranza ha parlato anche l'Arcivescovo di
Bologna, il Cardinale Matteo Zuppi: "In un momento in cui di
bellezza ce n'è poca perché c'è tanta bruttezza, c'è poca
speranza e poco futuro, questa mostra rappresenta un motivo in
più per essere all'altezza di tale eredità. Perché nell'artista
c'è sempre qualcosa di spirituale, lo ricordava il Cardinale
Giacomo Biffi, e in un mondo come quello attuale pieno di
tragedie, anche Congdon ci aiuta a vedere lo spirituale, a
tenere gli occhi aperti".
La mostra raccoglie una collezione di oltre venticinque opere
tra oli e pastelli, editi e inediti, legati all'anima europea
dell'artista.
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