La maternità che pulsa nella pittura, dodici lavori su tela interamente in bianco e nero. Oliviero Rainaldi si confronta sul tema dell'origine "con un linguaggio che affonda nelle radici della memoria collettiva e personale, dove il corpo si trasforma in simbolo e il gesto pittorico in atto di conoscenza e rivelazione". Così racconta il pittore e scultore la mostra Seconda Madre, ospitata fino al 23 maggio nella galleria romana La Nuova Pesa, di Simona Marchini. "Il titolo viene fuori dalla penna di Arnaldo Colasanti che in un suo breve scritto introduttivo ha operato una profonda indagine psicanalitica, il tutto senza conoscersi - spiega l'artista -. Al di là di un unico incontro, è riuscito a intravedere attraverso i quadri qualcosa che andava oltre, andava alle origini. Non a caso la prima opera, la più vecchia, riguarda due feti ed è un lavoro sul doppio, ma Seconda Madre va oltre questo concetto ed entra in una sfera ancora più radicata rispetto a Prima Madre: in termini allegorici e simbolici, entra più in profondità nelle cose, nel mio essere".
Con Seconda Madre, aggiunge Colasanti, Rainaldi "costruisce un universo sospeso tra luce e mistero, dove la pittura diventa al tempo stesso celebrazione e inquietudine. Le immagini custodiscono un senso primordiale che non si affida alle parole, ma a una visione pura ed evocativa, capace di legare cielo e terra, di suggerire una dimensione altra, ancestrale e mitica. Le figure dipinte da Rainaldi evocano il processo della nascita, la tensione tra il trattenere e il lasciar andare, tra il sogno e la realtà, tra la madre terrena e quella arcaica, mitica".
Oliviero Rainaldi, abruzzese, classe 1956, si è formato tra l'Accademia di Belle Arti di Venezia con Emilio Vedova e quella dell'Aquila con Fabio Mauri. Dagli esordi la sua opera si concentra sulla figura umana esplorata attraverso il disegno, la grafica, la pittura e la scultura.
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