"Dal primo gennaio 2024 Gualandi aveva la responsabilità dell'ufficio contenzioso. Era un servizio interno. Chi svolge servizi interni non deve essere armato, lui non poteva portare l'arma. Era assegnatario di un'arma, ma non la poteva portare, andava a fare le esercitazioni al poligono programmate. Non l'ho mai visto maneggiare l'arma in ufficio o pulirla in ufficio. Io non ho mai pulito l'arma in ufficio. Nessun collega ha mai pulito le armi in ufficio". Lo ha detto Silvia Fiorini, comandante della polizia locale di Anzola e Sala Bolognese, testimoniando davanti alla Corte d'Assise di Bologna, presieduta dal giudice Pasquale Liccardo, nel processo nei confronti di Giampiero Gualandi, 63enne ex comandante della Polizia Locale di Anzola Emilia (Bologna) accusato dell'omicidio volontario aggravato (dai futili motivi e dal legame affettivo) della collega Sofia Stefani, 33 anni, con cui aveva una relazione extraconiugale.
Stefani è stata uccisa il 16 maggio 2024 da un colpo partito dalla pistola di ordinanza di Gualandi nell'ufficio dell'uomo, al comando di Anzola. L'imputato - presente oggi in aula, seduto accanto ai suoi difensori, Claudio Benenati e Lorenzo Valgimigli - ha sempre sostenuto che sia stato un incidente, uno sparo esploso per errore durante una colluttazione. Ma la Procura, con la pm Lucia Russo, e i carabinieri sono convinti che si sia trattato di un gesto volontari.
"Dalla fine di settembre 2021, quando ha ricevuto una idoneità con limitazioni al servizio esterno, Gualandi non ne ha più fatti", ha aggiunto Fiorini, rispondendo alle domande della procuratrice aggiunta. "Con Gualandi non c'erano rapporti distesi, infatti fino al giorno dei fatti l'atteggiamento sul luogo di lavoro di Gualandi è sempre stato strumentalmente ostruzionistico. Qualsiasi cosa dicessi, scrivessi o facessi, era oggetto di chiarimenti, richieste di spiegazioni, lamentele e contestazioni da parte sua. Parliamo di centinaia di email e decine e decine di lettere".
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