Il Parlamento europeo censura il governo italiano per la recente circolare del ministro Piantedosi che ha bloccato le registrazioni all'anagrafe dei figli di coppie gay, effettuate da alcuni sindaci. All' Eurocamera è stato infatti approvato un emendamento al testo della Risoluzione sullo Stato di diritto che condanna la circolare perché porterebbe "alla discriminazione non solo delle coppie dello stesso sesso, ma anche e soprattutto dei loro figli", e invita anche Roma "a revocare immediatamente la decisione". Un invito che il governo non ha intenzione di seguire, e che è stato criticato dal centrodestra e salutato positivamente dalle opposizioni, unite questa volta sia in Italia che a Bruxelles. Si è invece spaccato il Ppe, con una serie di delegazioni dei paesi del nord Europa e del Portogallo che hanno votato a favore dell'emendamento, mentre anche la Cdu tedesca ha lasciato libertà di voto per evitare divisioni laceranti. Una spaccatura, quella dei popolari europei, che non riguarda solo il merito ma anche le prospettive delle future alleanze. L'emendamento di censura al governo Meloni è stato presentato dai liberali di Renew Europe, ed è stato votato da Socialisti e Democratici, Verdi e dalla Sinistra. Si tratta di gruppi che da soli non avrebbero avuto la maggioranza, che è stata raggiunta grazie all'appoggio delle delegazioni dei Popolari dei Paesi nordici e del Portogallo e di una parte dei tedeschi della Cdu, il partito di Ursula von der Leyen. Sui temi dei diritti della comunità Lgbt nel Nord Europa c'è maggior apertura, anche tra i Popolari, ma il voto ha avuto un aspetto più squisitamente politico: si contrappongono infatti i Popolari favorevoli, dopo le elezioni del 2024, a continuare l'alleanza con gli Eurosocialisti, e quelli che mirano a un "ribaltone" storico che porti ad una coalizione con i Conservatori di Giorgia Meloni. Le delegazioni di Fi, Fdi e Lega hanno votato tutte contro l'emendamento, e pur soccombenti in termini numerici, hanno mostrato unità a Roma come Bruxelles. Dalle opposizioni sono piovute critiche al governo Meloni perché "isola l'Italia" (i Dem Piero De Luca e Cecilia d'Elia), perché porta nel Mondo "la cartolina di una Italietta da Anni 50" (Debora Serracchiani). Di qui la richiesta di ritirare la circolare. Osvaldo Napoli (Azione) osserva poi sarcastico che Meloni se "mirava ad alterare le alleanze al Parlamento europeo, ha finito per spaccare il Ppe" a causa del suo "approccio ideologico". Da parte del centrodestra ci sono i falchi come Alessia Ambrosi (Fdi) che si dice "orgogliosa di condanne così", o come Lucio Malan (Fdi), che accusa l'Eurocamera di voler sdoganare "la maternità surrogata". Ma ci sono anche quanti evitano attacchi del genere benché non mostrino intenzioni di cedere. Il vicepremier Antonio Tajani e il capogruppo dei Conservatori Nicola Procaccini ricordano infatti che c'è una legge italiana che vieta le trascrizioni dei certificati di nascita esteri di coppie omogenitoriali, confermata dalla Cassazione (da ultimo il 3 novembre 2020), che nelle sue sentenze suggerisce di ricorrere all'adozione speciale. "Le leggi vanno sempre rispettate piaccia o non piaccia - ha detto Tajani -: se c'è la forza di cambiarle lo deve fare il nostro Parlamento". Se il Pd ci teneva, ha rincarato la dose Procaccini, "lo poteva fare quando governava". Dalle opposizioni, arriva intanto l'esortazione a mettere in campo una nuova legge: lo fanno Chiara Appendino e Alessandra Maiorino, di M5s, che una pdl la hanno già depositata, e lo fa il Pd con Francesco Boccia, Simona Malpezzi e Valeria Valente. Quest'ultima tuttavia chiede una legge non sulle registrazioni ma sull'adozione da parte delle coppie omogenitoriali, così da "non avvallare la pratica della gestazione per altri che sfrutta il corpo femminile e cancella il materno". Uno stop dunque alla maternità surrogata invisa a quelle associazioni di famiglie arcobaleno che vi ricorrono e che chiedono appunto la registrazione dei nati all'estero con questa tecnica.
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