(di Francesco De Filippo)
MARCO MAGNANI, IL GRANDE
SCOLLAMENTO (Bup editore, 246 pag., 22 euro)
I legami internazionali si allentano, il "benessere
straordinario" della globalizzazione con milioni di persone
sradicate dalla povertà è entrato in crisi, nel commercio è in
corso una ridefinizione delle catene globali del valore con
forti spinte al protezionismo, aumenta la frammentazione nella
ricerca per ottenere l'egemonia tecnologica, si svuotano di
potere le grandi organizzazioni internazionali. E come se non
bastasse, ci sono due terribili conflitti in corso che
consolidano due schieramenti globali. È il pianeta con la sua
economia delineato dall'economista e docente Marco Magnani che
vede un fattore determinante nel rapporto tra Stati Uniti e
Cina, una rivalità economica che potrebbe portare a un
conflitto.
Magnani nel suo libro Il Grande Scollamento ipotizza più
scenari: un conflitto bellico fra Usa e Cina con conseguenze
inimmaginabili; un progressivo decoupling (disaccoppiamento) con
il mondo nuovamente diviso in due schieramenti da guerra fredda
e, più realisticamente, un mondo caratterizzato da una maggiore
e più o meno caotica frammentazione, con una possibile
deglobalizzazione nel lungo termine. La frammentazione infatti
sfocerebbe in una forte regionalizzazione, nella crescente
prevalenza della politica sull'economia e nell'elevata
volatilità delle relazioni internazionali.
"Gli Usa stanno abbandonando il loro ruolo di leader, per
problemi interni, lasciando un vuoto geopolitico che non nessuno
riempie", tantomeno la Cina che non riesce a piacere, sebbene
abbia impiegato ingenti risorse nel soft power: per esempio
nella rete di Istituto Confucio che dal 2004 ha aperto oltre 550
centri in 140 Paesi, nell'industria cinematografica di Hollywood
per produrre film più attenti a immagine e interessi cinesi, e
nella diffusione di canali della televisione di stato (Cctv) in
molti Paesi del mondo e in lingua inglese o locale.
Occorrerebbe una nuova governance globale, ma è una
possibilità poco credibile. Anche perché le relazioni tra i
Paesi vanno nella direzione opposta con il sorgere di sempre più
"battitori liberi", "in genere democrazie populiste o
autocrazie, che hanno aspirazioni di essere potenze regionali o
addirittura globali". È il caso dell'India, quinta potenza
economica per pil, che potrebbe diventare un grande protagonista
sulla scena mondiale, ma anche la Russia con tutti i suoi
limiti, la Turchia, il Brasile, le monarchie del Golfo.
L'auspicio è che "le liberaldemocrazie, che comprendono oltre
all'Occidente, Corea, Giappone, India, possano tornare a essere
attrattive dal punto di vista economico, politico e anche
valoriale".
La ricerca è uno dei settori più esposti: l'Europa rischia di
essere il vaso di coccio tra i due vasi di ferro che sono Stati
Uniti, massicciamente impegnati e la Cina che, nonostante
qualche scricchiolio economico, sta investendo quanto più
possibile in IA, raccolta dati, controllo delle filiere
strategiche, quantistica. In assenza di uno scontro diretto, non
auspicabile, "il rischio - indica Magnani - è che anche la rete
globale internet sia sostituita nel tempo da reti nazionali".
Il futuro più auspicabile? Esclusa dunque una nuova
governance, "c'è il rischio che una ulteriore frammentazione
porti a balcanizzazione politica". Quindi, il minore dei mali
possibili è "un mondo sempre più diviso in blocchi, con costi
alti ma con un conseguente scollamento contenuto". In attesa di
tempi migliori.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA