(di Francesco De Filippo)
Novantanove e non dimostrarli. Sono
gli anni che avrebbe compiuto domani lo scrittore siciliano
Andrea Camilleri, classe 1925, Porto Empedocle (Agrigento).
Non dimostrarli i novantanove anni: perché gli amanti del suo
genere letterario, a distanza di cinque anni dalla scomparsa,
avvenuta il 17 luglio 2019, non fanno mancare il proprio
affetto, una testimonianza di riguardo, che si manifesta
praticamente nella vendita dei libri e nella mai interrotta
attenzione che ricevono gli eventi a lui dedicati, le iniziative
del Fondo a lui intitolato, coordinato dalle tre figlie, e i
vari sceneggiati di Montalbano trasmessi in televisione.
Ciò che invece manca dell'intellettuale Camilleri e della
intera sua generazione, è la voce nel dibattito sociale, perfino
politico, fluidificatosi nel silenzio con la scomparsa fisica.
Un modello di pensatore engagé per secoli distintosi nel
panorama artistico e letterario internazionale.
Novantanove e non dimostrarli: un millennial che dovesse
leggere per la prima volta un suo libro, tralasciando in alcuni
casi il contesto in cui si dipana il plot, per la freschezza
dello spirito che anima i personaggi, penserebbe a uno scrittore
boomer se non addirittura più giovane. Non a un quasi
centenario.
Deve essere per questa sorta di non distanza anagrafica che
fino a poco tempo fa sulla sua tomba a Roma molti depositavano
piccole attestazioni di affetto: quelle più simpatiche, le
sigarette; quelle più confidenziali, sassolini da parte dei
lettori di confessione ebraica; e anche quelle tradizionali,
sobri bouquet di fiori e, ovviamente, messaggi scritti a mano.
Soprattutto la domenica e i giorni festivi la semplice lapide
con sopra inciso nient'altro che il suo nome e le date e i
luoghi di nascita e di morte, sono stati e ancora sono meta di
amici, conoscenti, turisti, lettori.
Perché Camilleri è stato come un parente, un buon padre, un
maestro, entrato nei cuori delle persone prima che negli
scaffali delle loro librerie. Auguri Maestro.
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