Oltre duecento persone stamani a
Genova nella basilica dell'Annunziata hanno partecipato alla
messa organizzata dalla Comunità di Sant'Egidio in memoria dei
senza dimora morti in città nel 2024, un anno particolarmente
difficile per i senzatetto genovesi: dodici i morti per la
durezza della vita di strada, un numero in lieve crescita
rispetto agli anni precedenti, dei quali cinque sono mancati
all'aperto, nelle vie e piazze della città.
Sant'Egidio li conosceva tutti e, insieme ad altre realtà del
volontariato cattolico e laico li incontrava tutte le sere:
portando un pasto caldo e una coperta. Don Maurizio Scala, lo
storico responsabile di questo servizio per la comunità, ha
celebrato la messa piena di senza dimora e volontari ricordando
quanto il dolore per queste morti debba suscitare un nuovo
impegno.
"In questo tempo di durezza ricordare le persone morte per
strada ci interroga e ci provoca: - ammonisce - dobbiamo tutti
trovare una nuova sensibilità, nuovi gesti di vicinanza e
solidarietà".
Nella celebrazione liturgica sono stati letti i nomi.
L'ultimo è Paolo, morto a 66 anni nella notte del 27 gennaio di
quest'anno in Corso Montegrappa. Prima di lui tanti nomi e
storie: quella di Manuela "che conoscevamo da tanti anni,
presenza fissa alle distribuzioni nelle stazioni di Principe e
Brignole, dove portava sempre allegria con il suo sorriso e i
suoi abiti sgargianti" o quella di Angelo, 58 anni, morto sui
binari della stazione Brignole nel pomeriggio del 5 agosto 2024,
poco dopo essere riuscito a trovare una casa in centro storico.
Solo pochi sono morti da anziani, perché "l'aspettativa media
di chi vive per strada è attorno ai 65 anni - spiega Scala -
venti anni in meno rispetto agli altri italiani. C'è una lotta
contro il tempo da fare: se vogliamo incidere sulla vita di
queste persone occorre lavorare per creare percorsi di
reintegrazione sociale. Non bastano i dormitori: occorre dare
più case".
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