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A Genova una messa per ricordare i senza dimora morti nel 2024

A Genova una messa per ricordare i senza dimora morti nel 2024

Sant'Egidio, 'Occorre ritrovare tutti una nuova sensibilità'

GENOVA, 23 febbraio 2025, 14:02

Redazione ANSA

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Oltre duecento persone stamani a Genova nella basilica dell'Annunziata hanno partecipato alla messa organizzata dalla Comunità di Sant'Egidio in memoria dei senza dimora morti in città nel 2024, un anno particolarmente difficile per i senzatetto genovesi: dodici i morti per la durezza della vita di strada, un numero in lieve crescita rispetto agli anni precedenti, dei quali cinque sono mancati all'aperto, nelle vie e piazze della città.
    Sant'Egidio li conosceva tutti e, insieme ad altre realtà del volontariato cattolico e laico li incontrava tutte le sere: portando un pasto caldo e una coperta. Don Maurizio Scala, lo storico responsabile di questo servizio per la comunità, ha celebrato la messa piena di senza dimora e volontari ricordando quanto il dolore per queste morti debba suscitare un nuovo impegno.
    "In questo tempo di durezza ricordare le persone morte per strada ci interroga e ci provoca: - ammonisce - dobbiamo tutti trovare una nuova sensibilità, nuovi gesti di vicinanza e solidarietà".
    Nella celebrazione liturgica sono stati letti i nomi.
    L'ultimo è Paolo, morto a 66 anni nella notte del 27 gennaio di quest'anno in Corso Montegrappa. Prima di lui tanti nomi e storie: quella di Manuela "che conoscevamo da tanti anni, presenza fissa alle distribuzioni nelle stazioni di Principe e Brignole, dove portava sempre allegria con il suo sorriso e i suoi abiti sgargianti" o quella di Angelo, 58 anni, morto sui binari della stazione Brignole nel pomeriggio del 5 agosto 2024, poco dopo essere riuscito a trovare una casa in centro storico.
    Solo pochi sono morti da anziani, perché "l'aspettativa media di chi vive per strada è attorno ai 65 anni - spiega Scala - venti anni in meno rispetto agli altri italiani. C'è una lotta contro il tempo da fare: se vogliamo incidere sulla vita di queste persone occorre lavorare per creare percorsi di reintegrazione sociale. Non bastano i dormitori: occorre dare più case".
   

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