(ANSA) - CITTÀ DEL VATICANO, 23 GEN - In Pakistan la
normativa sulla blasfemia "prevede il carcere a vita o la
possibilità della pena capitale per chiunque abbia insultato il
Corano o il profeta Maometto, ma ora può essere applicata anche
per sanzionare chiunque sia stato condannato per aver insultato
persone collegate al medesimo profeta. Il giro di vite è stato
disposto dal Parlamento per inasprire le già rigide leggi
nazionali". Lo riferisce la fondazione pontificia Aiuto alla
Chiesa che Soffre. Quanti sono stati condannati per aver
insultato mogli, compagni o parenti del profeta Maometto
rischiano 10 anni di carcere, pena che può essere estesa
all'ergastolo, oltre a una multa di 1 milione di rupie. L'accusa
di blasfemia diventa inoltre un reato per il quale non è
possibile la cauzione. L'inasprimento delle pene scaturisce da
un disegno di legge presentato da Abdul Akbar Chitrali,
parlamentare appartenente a un partito politico religioso.
"La notizia dell'approvazione del disegno di legge
rappresenta un segnale estremamente preoccupante", commenta
Alessandro Monteduro, direttore di Aiuto alla Chiesa che Soffre
- Italia. "La normativa finora ha di fatto favorito la
persecuzione ai danni delle minoranze religiose, a cominciare da
quelle cristiana e induista. Ora la situazione inevitabilmente
peggiorerà", aggiunte Monteduro. "Spesso i cristiani vengono
accusati strumentalmente di blasfemia da soggetti che vogliono
semplicemente definire interessi privati. Il risultato è che gli
accusati o vengono arrestati o diventano preda della reazione
violenta delle folle". "La normativa anti blasfemia viene usata
anche come arma contro gli avversari politici" sottolinea ancora
Monteduro concludendo: "L'inasprimento della normativa creerà
maggiori opportunità per un uso improprio della stessa. Da oggi
le minoranze religiose, a cominciare da quella cristiana, sono
ancor più minacciate". (ANSA).