(dell'inviata Manuela Tulli)
(ANSA) - KINSHASA, 01 FEB - Violentata, tenuta nuda,
costretta a mangiare carne umana. E' una delle terribili storie
raccontate al Papa dalle vittime delle violenze nell'est della
Repubblica Democratica del Congo. A parlare è Emelda. E'
arrivata a Kinshasa da Bukavu, capoluogo della provincia del
Kivu. Una terra martoriata dagli attentati e dalla guerriglia,
dove quotidianamente la popolazione viene sottoposta ad ogni
tipo di abusi. Ad imperversare è il gruppo armato M23 che
Kinshasa, l'Onu e molti osservatori internazionali ritengono sia
sostenuto dal vicino Rwanda.
"I ribelli - ha raccontato Emelda al Papa - avevano fatto
un'incursione nel nostro villaggio di Bugobe; era un venerdì
sera del 2005. Hanno fatto irruzione nel villaggio, prendendo in
ostaggio tutti quelli che potevano, deportando tutti quelli che
trovavano, facendo loro portare le cose che erano state
saccheggiate. Durante il tragitto, hanno ucciso molti uomini con
proiettili o coltelli. Le donne invece le hanno portate al parco
di Kahuzi-Biega. All'epoca avevo 16 anni". E da quel momento
comincia la sua vita d'inferno: "Sono stata tenuta come schiava
sessuale e abusata per tre mesi. Ogni giorno, da cinque a dieci
uomini abusavano di ciascuna di noi. Ci hanno fatto mangiare la
pasta di mais e la carne degli uomini uccisi. A volte
mescolavano le teste delle persone con la carne degli animali.
Questo era il nostro cibo quotidiano. Chi si rifiutava di
mangiarlo veniva fatto a pezzi e gli altri erano costretti a
mangiarlo. Vivevamo nudi perché non scappassimo".
Emelda ha subito tutto questo fino al giorno in cui, "per
grazia, riuscii a fuggire quando ci mandarono a prendere l'acqua
dal fiume". Di lì il ritorno a casa, dai genitori, le cure
all'ospedale di Panzi, a Bukavu, specializzato nel trattamento
dei sopravvissuti alla violenza. Emelda parla anche del sostegno
ricevuto dalla Chiesa. "Oggi vivo bene come una donna realizzata
che accetta il suo passato".
"La nostra Provincia è un luogo di sofferenza e di lacrime",
ha detto la donna al Papa. Ma oggi è pronta a perdonare:
"Mettiamo sotto la croce di Cristo questi abiti degli uomini in
armi che ancora ci fanno paura - ha detto compiendo questo gesto
davanti a Francesco, nella Nunziatura a Kinshasa - per averci
inflitto innumerevoli atti di violenza atroci e indicibili, che
continuano ancora oggi. Vogliamo un futuro diverso. Vogliamo
lasciarci alle spalle questo passato oscuro e poter costruire un
bel futuro. Chiediamo giustizia e pace. Perdoniamo i nostri
carnefici per tutto quello che hanno fatto e chiediamo al
Signore la grazia di una convivenza pacifica, umana e fraterna".
(ANSA).