"Noi abbiamo trovato le
impronte digitali di Lauro Azzolini. E già quelle, a nostro
avviso, sono una prova della sua colpevolezza". Lo ha detto oggi
alla corte di assise ad Alessandria il pubblico ministero Emilio
Gatti, che insieme al collega Ciro Santoriello sostiene l'accusa
contro Azzolini e altri due ex brigatisti al processo per i
fatti della Cascina Spiotta del 1975. Il magistrato ha fatto
riferimento alla relazione, redatta in forma anonima, con cui un
militante della Br ricostruì le varie fasi della vicenda come se
fosse stato presente sul posto. Il documento fu trovato dai
carabinieri il 18 gennaio 1976 in un covo a Milano.
Nel 2021 il figlio del carabiniere rimasto ucciso alla
Cascina Spiotta, Bruno D'Alfonso, presentò un esposto alla Dda
di Torino suggerendo, fra l'altro, di sottoporre ad analisi
scientifiche la relazione nella sua versione originale, dato che
nei primi processi ci si era limitati ad acquisirne solo una
copia. I pubblici ministeri recuperarono l'incartamento negli
archivi dell'Arma a Milano e nel 2023 lo affidarono al Ris. Il
pm Gatti ha sottolineato che sono state trovate 18 impronte, 11
delle quali riconducibili ad Azzolini.
L'anonimo estensore del documento si servì di una macchina
per scrivere, ma realizzò anche alcuni disegni a mano: sarebbero
quindi rimaste le tracce di una parte di una mano. Prima di
consegnare l'esposto alla Dda, Bruno d'Alfonso collaborò alla
realizzazione del libro "L'invisibile" dei giornalisti Simona
Folegnani e Bernardo Lupacchini, dedicato ai fatti di Cascina
Spiotta.
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