Applausi e grida da stadio per
"Otello" che torna al Teatro Massimo di Palermo dopo 11 anni,
nonostante qualche dissenso alla prima di ieri sera per la
scelta del regista Mario Martone di farne una tragedia
contemporanea. Ma nel 2024 si sono contati 141 femminicidi solo
in Italia e le scelte registiche risultano logiche, se non
doverose, e si concentrano su uno studio profondo dei
personaggi.
Otello è un comandante schiacciato tra la guerra, il deserto
e un cielo tempestoso, mentre i fulmini illuminano quel
fazzoletto di terra "che ci fa così feroci". La battaglia è
vinta, Otello tuona: "Esultate"; l'orchestra esplode in tutti i
suoi elementi, e il grande merito della regia di Martone è
quello di rendere visibile il terribile mondo di Otello, tra la
sabbia del Maghreb, le mimetiche militari e uno squarcio di
tempio romano, illuminato dalle splendide luci di Pasquale Mari.
Otello vive al cospetto della morte e questo l'ha reso
vulnerabile: le armi, il casco e le medaglie non inducano in
errore. L'amore per Desdemona lo può rendere felice se non fosse
circondato dall'invidia e dalla menzogna. Martone coglie
l'essenza del generale, la solitudine e la commozione per la
pietà che Desdemona gli offre, nel sublime libretto di Arrigo
Boito. Otello ha vissuto da solo e da solo morirà mentre il
sipario si chiude sulle ultime note che replicano il tema
d'amore.
Spettacolo complesso e contemporaneo, che mette in scena il
terrificante rapporto uomo-donna. Stavolta Desdemona non è la
ragazza del 400, esile e remissiva, è una soldatessa che prega
con la pistola in mano, forte e abituata al conflitto. Otello la
strangola a ribadire che nemmeno un'arma la può salvare poiché
impossibile è la parità muscolare.
Jader Bignamini imprime smalto e potenza all'orchestra,
alternati alle sfumature più soavi e dolci della superba
partitura verdiana e mettendone in evidenza tutte le varietà di
colori. Le voci sono all'altezza delle aspettative di una
scrittura audace e difficile: Yusif Eyvazov è un Otello in gran
forma, dalla perfetta dizione, meglio ancora nel registro alto.
Desdemona è Barno Ismatualleva, voce potente, cristallina, è lei
la vera protagonista e la vera novità. E Jago, motore di tutta
la tragedia? E' uno strepitoso Nicola Alaimo.
La grande modernità non è nell'esercito di pace in Nord
Africa, ma nel fatto che i cantanti, tutti, recitano al meglio.
Allora è veramente teatro e quel sipario mosso con gli ultimi
accordi è magnifico. Altro protagonista è il coro, ottima prova,
guidato da Salvatore Punturo. In scena fino al 30 gennaio.
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