"Abbiamo iniziato finalmente il processo a carico dei quattro agenti della National security egiziani. La verità la intravediamo e la sentiamo sempre più vicina, nel senso che tutto quello che sospettavamo, avevamo visto e letto in questi anni ci viene man mano confermato. Ci conferma che siamo sulla strada giusta, che stiamo facendo passi piccoli importanti, i testimoni ci stanno confermando questo". Lo ha detto il padre di Giulio Regeni, Claudio, intervenendo stasera a Fiumicello (Udine) a 9 anni dalla scomparsa del giovane ricercatore dal Cairo.
"Con le istituzioni abbiamo avuto qualche difficolta in passato", ha ricordato. "Viviamo in un Paese democratico ma dobbiamo lottare per mantenere i nostri diritti anche per il futuro, vediamo che il degrado può facilmente avvenire come stiamo assistendo in questi giorni in altri Paesi".
Il 21 gennaio, ha aggiunto la madre, Paola Deffendi, "testimoniando" al processo "ho sentito forte l'importanza della giustizia", "mi son sentita di dover difendere delle persone che in base a una domanda, se io non la capivo, rischiavano la vita in Egitto". Due giorni dopo, incontrando le scuole, "ho poi vissuto la giustizia".
Durante la serata è stato fatto riferimento al progetto di un documentario su Giulio a cura di Emanuele Cava, Simone Manetti e Mario Mazzarotto di Movimento Film. "Sono seri professionisti - ha spiegato Deffendi - solo loro sono autorizzati a fare un documentario su Giulio. C'è libertà, altrimenti saremmo in Egitto", ma "diffidiamo dalle imitazioni". Inoltre "stiamo già mettendo insieme i foglietti per scrivere un libro sul processo quando sarà terminato. Chi ha intenzione, si rilassi".
Deffendi ha quindi ricordato un incontro con l'ambasciatore egiziano in Italia avvenuto in aereo: "Gli ho riferito che non aveva risposto a 33 pec della nostra legale". E poi, "rispetto ai vari affari, e all'ipocrisia, gli ho anche chiesto 'Ma lei è forse andato in Porto a Trieste? Lui mi ha guardato sconvolto: 'Si, sono andato'. E io ho risposto 'Cosa vuole, Giulio fa cose".
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