Su delega della Procura di
Palermo, la polizia sta sentendo, in Sardegna, il fotoreporter
Antonello Zappadu che, ieri, ha pubblicato su Gente la notizia
della morte, in una clinica colombiana, del boss latitante
Giovanni Motisi, l'ultimo capomafia ricercato di Cosa nostra. La
Procura che indaga sulla latitanza di Motisi, condannato
all'ergastolo per l'omicidio dell'ex capo della Mobile di
Palermo Ninni Cassarà, sta facendo accertamenti per capire se
le informazioni in possesso di Zappadu siano vere.
Motisi, detto 'u pacchiuni (il grasso), è ricercato dal 1998 e
ha 65 anni. È inserito nell'elenco dei latitanti di "massima
pericolosità" del programma speciale di ricerca del ministero
dell'Interno. La sua storia criminale nella gerarchia di Cosa
nostra è passata attraverso uno dei più gravi crimini degli anni
di piombo: l'uccisione, appunto, il 6 agosto 1985 del vice
questore Ninni Cassarà, capo della sezione investigativa della
squadra mobile, uno degli investigatori più apprezzati da
Giovanni Falcone. Quel giorno venne ucciso anche l'agente
Roberto Antiochia che aveva rimandato le ferie per partecipare
alle indagini sull'uccisione il 28 luglio 1985 del commissario
Beppe Montana. Proprio per coordinare le indagini sulla morte
del collega, Cassarà non tornava a casa da alcuni giorni e per
questo si sospetta che una fonte interna abbia informato il
gruppo di fuoco appostato davanti alla casa del vice questore.
Nel commando c'era anche Motisi che, secondo il pentito
Francesco Paolo Anzelmo, aveva partecipato anche alle riunioni
preparatorie convocate da Totò Riina. Con quell'agguato Motisi
guadagnò una "promozione" per meriti criminali speciali: diventò
quindi capo del mandamento di Pagliarelli, un ruolo che peraltro
aveva avuto per tanti anni lo zio Matteo.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA