Un po' è stato fatto, molto resta
da fare sulla strada del welfare femminile, dall'armonizzazione
dei tempi vita-lavoro al benessere organizzativo, che
rappresenta una chiave di volta per lo sviluppo di aziende più
sane, più competitive, più produttive perché più giuste, più
resilienti, più capaci di crescere sul mercato. Perché nelle
aziende con dipendenti più sereni e curati, dove il clima
disteso produce maggiore capacità di confronto e dialogo, si
aumenta il tasso di identificazione con l'impresa, la
condivisione degli obiettivi, la produttività. Ma attenti: non è
tutto oro quello che luccica, perché bisogna capirsi su quali
siano le forme più vantaggiose di welfare (femminile e non) e su
cosa debba intendersi per welfare aziendale. E distinguere ciò
che è il welfare "buono" da quello che non lo è. E' quanto
emerso dall'evento che si è tenuto presso la Camera di commercio
dell'Umbria, coordinato dal segretario generale, Federico Sisti,
organizzato dalla consigliera di Parità della Regione Umbria,
Rosita Garzi, in collaborazione appunto con l'Ente camerale e
con la partecipazione dell'Associazione Sovrapensiero.
Al centro del confronto dei vari panel della Tavola rotonda
lo stato dell'arte sulla "armonizzazione dei tempi vita/lavoro e
benessere organizzativo a partire da casi concreti di buone
prassi di welfare aziendale".
E si è partiti proprio da qui, da quanto fatto in Umbria,
discutendo degli effetti prodotti a seguito delle applicazioni
delle politiche di welfare femminile - è detto in un comunicato
della Camera di commercio -, al fine di rappresentare delle
buone pratiche. Non solo, infatti, erano presenti le
rappresentanti delle aziende premiate nell'anno 2021-2022 e di
quelle premiate nell'anno 2023 da "Future Female. Welfare e
sostenibilità del lavoro femminile", di cui peraltro a breve si
aprirà il bando per la nuova edizione, ma ogni panel è stato
introdotto dai video con dichiarazioni di responsabili
aziendali, dipendenti e responsabili delle imprese per il
welfare (sempre tra quelle premiate da "Future Female. Welfare e
sostenibilità del lavoro femminile") su quali politiche di
welfare aziendali sono adottate in azienda, su quali risultati
abbiano prodotto queste politiche, sul grado di soddisfazioni
dei dipendenti con anche l'indicazione delle misure che
ritengono di maggior successo, sui progetti in materia. Ne è
uscito un mosaico di esperienze variegate, che al centro ha
sempre la flessibilità dell'orario in ingresso e in uscita e
nella pausa pranzo e lo smart working, che permette di
conciliare i tempi di vita con quelli di lavoro. Ma poi il
quadro si allarga: l'impresa che regala un giorno di ferie ai
dipendenti in occasione del compleanno per stare in tranquillità
con amici e famiglia, fino all'azienda che ha introdotto un
servizio gratuito di lavanderia per tutti gli addetti, passando
a molte aziende che hanno trasformato e stanno trasformando il
premio di produttività in welfare aziendale. Alcune vincolando
il plafond a specifici servizi (dal rimborso libri scolastici al
fitness e così via), altri lasciando scegliere ai dipendenti
senza porre vincoli. E qui è arrivato l'alert della
professoressa Mirella Damiani, Docente di Economia presso
l'Università degli Studi di Perugia, affermando che considerare
welfare aziendale ciò che i dipendenti possono acquistare
autonomamente sul mercato se il premio di produttività fosse
pagato in denaro per i dipendenti stessi può, nel medio-lungo
periodo, rappresentare una penalizzazione: perché intanto
nell'importo lordo del premio di produzione c'è anche il
versamento dei contributi pensionistici, che aiuteranno ad avere
una pensione un po' più elevati, e poi perché i dipendenti,
quando non lavorano più nell'azienda, si trovano a non avere più
questi benefici, perdendo di fatto reddito disponibile.
Agnese Canevari, Consigliera Nazionale di Parità, ha messo
in evidenza l'importanza della certificazione di genere, per la
quale ci sono agevolazioni per le Pmi, nonché la necessità di
fare reti tra imprese. Perché il sistema economico italiano è
fatto soprattutto di Pmi e micro imprese e fare rete permette di
avere le masse critiche per fare robuste politiche di welfare
aziendale. Femminile e non.
Garzi, ha insistito sulla necessità di fare rete e,
riprendendo un tema sollevato da Damiani, ha ribadito come sia
necessario smetterla di parlare sempre e solo di conciliazione.
Si deve iniziare a parlare di condivisione di responsabilità e
carichi di lavoro.
Giuliana Piandoro, dirigente della Camera di commercio
dell'Umbria e che tra i suoi importanti incarichi strategici
segue il Comitato imprenditoria femminile ed è presidente del
Comitato unico di garanzia per le pari opportunità, ha parlato
dell'importanza della certificazione di genere e annunciato
grandi novità per l'appuntamento del 25 novembre, Giornata
internazionale per l'eliminazione della violenza contro le
donne, per volgere al positivo la riflessione sulla violenza
contro le donne.
Donatella Binaglia, cofondatrice dell'Associazione
Sovrapensiero, ha ricordato tra l'altro come a breve sarà
pubblicato il bando per la nuova edizione di premio "Future
Female. Welfare e sostenibilità del lavoro femminile" rivolto
alle aziende, sia private che pubbliche (attraverso i Comitati
unici di garanzia per le pari opportunità regionali) che
favoriscono la cultura della diversità di genere e che
all'interno del contesto regionale umbro si sono distinte
puntando a modelli organizzativi capaci di ascoltare e
valorizzare il potenziale femminile, o che abbiano scommesso
sulla certificazione di genere, rivolta alle imprese in base al
decreto pubblicato nel luglio 2022.
Sisti, che ha evidenziato come "questo evento è la
dimostrazione plastica della volontà di promuovere quella rete,
tanto invocata, per far decollare il welfare aziendale
femminile, che attualmente coinvolge una minoranza piuttosto
piccola delle imprese e che è già, e lo sarà ancora di più un
futuro, uno dei motori della crescita, della competitività e
della produttività delle aziende".
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