"L'Italia c'è stata in questi tre anni difficili e ci sarà, insieme al resto d'Europa e dell'occidente, per un futuro di sovranità, prosperità e soprattutto di libertà". Davanti agli altri leader del G7 Giorgia Meloni ha ribadito questo impegno, come reso noto sul sito del governo al termine di una giornata in cui sembrava prevalere la linea del silenzio, rispetto ai primi due anniversari del conflitto. Due anni fa scelse un videomessaggio, l'anno scorso si recò a Kiev presiedendo da là una riunione del G7. In questo 24 febbraio la premier affronta in mattinata il tema nel bilaterale con il presidente degli Emirati Arabi Uniti, Mohamed bin Zayed, e soprattutto nella videoconferenza dei 7 Grandi, inclusi Donald Trump e Emmanuel Macron, collegati entrambi scrivania del presidente Usa.
Il protagonismo dell'Eliseo nelle ultime settimane ha generato non poco nervosismo ai piani alti del governo italiano, in uno scenario già movimentato per gli affondi di Washington sull'Europa. Nello Studio Ovale si fa anche un accenno alla premier, quando Trump glissa su una domanda sui dazi e l'Italia: "Amo l'Italia, è una nazione molto importante, con una meravigliosa donna come leader. L'Italia andrà molto bene, ha una leadership molto forte con Giorgia". E "Giorgia" in serata lo ringrazia con un tweet: "Italia, Stati Uniti ed Europa condividono valori e responsabilità comuni. Lavoreremo insieme per affrontare le sfide globali con determinazione e visione".
Fra le responsabilità, c'è anche il destino di Kiev. Meloni al G7 ha condiviso con i leader il sostegno agli sforzi per porre fine a un conflitto e al numero numero inaccettabile di morti e di distruzione causati "dall'aggressione russa contro l'Ucraina", come viene definita nella nota che riferisce la presa di posizione della premier: "Ha ribadito come la priorità dell'Italia sia quella di costruire, insieme ai partner europei e occidentali e insieme all'Ucraina, una pace giusta e duratura.
Una prospettiva di pace oggi possibile grazie all'eroica resistenza del popolo ucraino e al sostegno occidentale mai venuti meno in questi tre anni, e che dovrà basarsi sulla definizione di garanzie di sicurezza reali ed efficaci". Perché, è la linea condivisa da Roma, è nel contesto euro-atlantico che trova fondamento la sicurezza europea. Fino a sera agli atti c'era solo la dichiarazione del braccio destro della premier, Giovanbattista Fazzolari, in cui si sottolineava che "la voglia di libertà di un popolo che ha conosciuto sulla propria pelle l'oppressione e la violenza sovietica è stata più forte delle mire neo imperiali delle élite russe, grazie anche al sostegno occidentale di cui dobbiamo essere tutti fieri". Difficile, comunque, non notare un profilo comunicativo più cauto rispetto al passato, anche recente, secondo quella che da settimane appare una strategia all'insegna di un complicato equilibrismo diplomatico.
Dalle parti di Palazzo Chigi si respira cautela anche rispetto alla svolta politica in Germania. Meloni ha avuto una telefonata con il cancelliere in pectore Friedrich Merz: si è congratulata, e "ha confermato l'auspicio di poter ulteriormente intensificare le già eccellenti relazioni bilaterali ed espresso la disponibilità a lavorare sin da subito in stretto contatto per rafforzare la sicurezza e rilanciare la competitività dell'Europa ed affrontare le numerose sfide comuni, a partire dal contrasto all'immigrazione irregolare".
Automotive e sicurezza europea sono gli altri dossier su cui si conta di aver maggiore collaborazione con Berlino se si insedierà un governo più conservatore. "Ci permetterà di avere ulteriori sinergie", prevede Giangiacomo Calovini, capogruppo di FdI in commissione Esteri. Anche se nel partito della premier c'è chi teme che un'eventuale alleanza con la Spd possa ridimensionare soprattutto il contrasto al green deal. E chi come il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli arriva a dire che "sarebbe un errore per la Cdu, che ha ottenuto una grande vittoria, non scegliere un governo di centrodestra e non istituzionalizzare AfD". Lo scenario di una Grosse Koalition è stigmatizzato da Matteo Salvini, che ha festeggiato la crescita del partito guidato da Alice Weidel. "Di estremo io vedo poco e niente - ha osservato il leader della Lega -, spero che il voto popolare non venga sovvertito con un inciucio tra popolari e socialisti". Su AfD non ha invece dubbi il vicepremier e segretario di FI Antonio Tajani: quell'estrema destra che ha "posizioni inconciliabili con le mie".
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