ANSAcom - In collaborazione con
Nivea
“Stimiamo che la prateria di posidonia oceanica sui fondali tra Porto Venere e l’isola di Palmaria si sia ridotta negli ultimi decenni del 75% rispetto alle sue dimensioni originarie”. Lo ha spiegato Stefano Acunto, biologo marino dell'International school for scientific diving, composta da docenti universitari e ricercatori, nel corso della presentazione del progetto “Oasi Marina” lanciato da Nivea in collaborazione con la start-up zero CO2 e la onlus Worldrise, che punta proprio alla riforestazione dei fondali del Parco regionale di Porto Venere e dell’Isola d’Elba. “L’inquinamento e la modificazione della costa sono alla base di questo processo, tuttavia assistiamo oggi a una stabilizzazione del fenomeno. Ora può iniziare la rimonta”, dice Acunto.
La chiave per “rammendare” le praterie sottomarine è la fibra di cocco, utilizzata in accoppiamento con una rete metallica per creare le biostuoie su cui vengono installati i rizomi della posidonia. “Recuperiamo le piante scalzate dalle mareggiate o dall’azione dell’uomo e le installiamo in questi nuclei di colonizzazione – ha spiegato lo scienziato -. La sperimentazione lanciata nel 2019 all'Isola d'Elba ha dato ottimi risultati. Due vantaggi: immettiamo in mare materiale completamente biodegradabile e utilizziamo talee non eradicate di proposito”.
Dove c'è la posidonia proliferano migliaia di organismi, che qui trovano riparo e cibo nella fase iniziale della propria vita. “Parliamo di 350 specie marine per un ettaro di prateria”, ha spiegato Chiara Ramozzi, head of marketing strategies di zeroCO2. La pianta marina si trova solo nel Mediterraneo ed è una grande produttrice di ossigeno. “Fino a venti litri al giorno per metro quadro” secondo la biologa marina Aileen Roncoroni di Worldrise.
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