Contaminazioni culturali che superano ogni tipo di confine e si trasformano in ricette che oggi chiameremmo fusion ma che storicamente sono frutto di viaggi e ponti. come quello lungo la Via della seta rileggendo le pagine del libro in cui Marco Polo raccontò le proprie avventure e che fece da traccia a molti esploratori come Cristoforo Colombo. E' l'Asia del XIII secolo al seguito di Marco Polo, il più celebre viaggiatore di tutti i tempi.
Si arriva in Cina, il Catai del Milione, oltrepassando l’immenso impero mongolo che si estendeva dal Mediterraneo al Mar Giallo guardando il mondo con gli occhi un ragazzo diciassettenne che per la prima volta lascia Venezia. Carla Diamanti - travel coach, giornalista, divulgatrice e docente che al viaggio ha dedicato la sua vita personale e professionale – in A tavola con Marco Polo (Il Leone Verde editore) ha scelto di unire alla cronaca de Il Milione aneddoti e ricette di piatti tradizionali raccolti nel corso delle sue esplorazioni dell’Oriente, dalla Giordania all’Iran, dall’Egitto al Giappone passando per Israele e Palestina, Marocco e Malesia.
Ignara dei confini disegnati dagli uomini, inconsapevole delle decisioni politiche, spesso influenzata dalle regole religiose, la cucina del Vicino Oriente si è arricchita di sfumature e ha prodotto varianti dello stesso cibo che oggi sono declinate in modo diverso in base ai precetti della tavola o anche del gusto, seppur utilizzando ingredienti che accomunano tutti noi mediterranei da secoli.
Succede per i falafel, per esempio, o per l’hummus, che si trovano sulle tavole e sulle strade di Egitto, Siria, Palestina, Israele, Libano.
E nelle terre a ridosso del Mediterraneo, come la Giordania, che di quel mare hanno sempre risentito gli influssi.
Succede anche per il kibbeh (o qubbah, o qubah, kubbe, kubbeh), una polpetta di forma oblunga preparata con bulgur, grano duro germinato, messo a seccare dopo essere stato cotto al vapore e macinato a grana spessa o più fine (migliore per il kibbeh). Lo si trova ovunque, preparato nelle più diverse varianti: se la versione più comune è quella fritta, ce ne sono altre davvero originali, da quella cruda a quella cotta nello yogurt. La versione al semolino, cotta nella minestra o bollita con il sugo, è una delle classiche ricette della cucina tradizionale ebraica, diffusa nelle comunità di Iraq, Siria e Kurdistan. Nasce proprio in quest’ultima regione e in seguito alla difficoltà degli ebrei di poter comprare carne. Quando ne avevano la possibilità, acquistavano un animale intero e per poterlo mangiare più a lungo possibile, ne tagliavano la carne a pezzi, la condivano con sedano, la facevano essiccare e poi la aggiungevano al semolino per preparare polpette da cuocere in brodo. Così il kibbeh fritto siriano si declina nella versione Hamusta della cucina ebraica, o ancora in quella Ta’ameya che si assaggia per le strade del Cairo.
Attraverso le pagine arriva a noi il profumo delle spezie della Malesia e dell’Iran, e quello del dolce qatayef di Ramadan. E l’ospitalità beduina è raccontata con la ricetta del mansaf. Dopo una sosta in Palestina, dove i Polo viaggiatori recuperarono l’olio del Santo Sepolcro da portare a Gengis Khan, l’autrice arriva in Giappone, l’arcipelago menzionato per la prima volta proprio da Marco Polo e riporta i lettori sulla strada di casa con i piatti di Laura Zavan ed Enzo Sposato, che da Venezia e Genova chiudono il cerchio delle vicende del Milione.
Guida letteraria e gastronomica, A Tavola con Marco Polo rilegge il testo classico utilizzando una chiave nuova, quella della cucina, che diventa lo strumento per esplorare gli orizzonti di un territorio vastissimo.
Precetti e abitudini alimentari diventano lo spunto per curiosare fra le pieghe culturali di popoli che hanno vinto le distanze e creato ponti invisibili. Le ricette, raccolte intervistando uomini e donne che aprono le loro cucine e accolgono i lettori alle loro tavole, diventano l’esempio concreto di come le contaminazioni culturali superino ogni barriera politica e geografica. “Da viaggiatrice appassionata, ho sfogliato le pagine del Milione immaginando modi e mondi con gli occhi di Marco Polo, che seppe osservare prima di raccontare. Ho sovrapposto un tratto gastronomico alle strade che lui percorse, aggiungendo ricette, curiosità, tradizioni legate al cibo. Ogni ricetta porta la firma di una persona che conosco, di un amico, di un collega: sono piatti che escono dalle loro cucine e nelle quali si perpetuano tradizioni e usanze. Insomma, consigli per la tavola che parlano di mondi ma che sono reali e vissuti.”
Da A tavola con Marco Polo, due ricette dal libro di Carla Diamanti quella dei Qatayef che si mangiano solo a Ramadan (quindi ancora per pochi giorni) e quella del Kibbeh nella versione siriana.
QATAYEF, il dolce di Ramadan, ricetta di Khaled al Homsi, Amman
Il dolce che accompagna i pasti durante il mese di Ramadan era già conosciuto in epoca omayyade e abbaside. Secondo la leggenda, fu il califfo Suleiman bin Abdul Malik a inaugurare questa tradizione, anche se in altre versioni si narra che risalga all’epoca fatimide quando fu lanciata una grande competizione fra i pasticcieri perché realizzassero qualcosa di speciale e si conquistassero così il privilegio di lavorare al palazzo del Califfo. Uno di loro inventò allora un dolce ripieno a forma di mezzaluna e decorato di noci. Il successo fu incredibile: la folla accorreva per accaparrarsi una di quelle prelibatezze che allora il pasticciere decise di chiamare qatayef , cioè “raccogliere”, in arabo. Ancora oggi, durante Ramadan, i clienti aspettano in fila attorno al venditore di qatayef, osservandolo mentre versa sulla piastra l’impasto dell’involucro, aspettando che venga cotto e poi riempito.
Ingredienti per l’impasto
250 gr farina
2 bicchieri e mezzo di latte
sale
una bustina di lievito
Ingredienti per il ripieno
Formaggio senza sale
noci tritate con zucchero e cannella (o pistacchi o mandorle)
Procedimento
Mescolare gli ingredienti dell’impasto con un frullatore e lasciare riposare per circa una mezz’ora. Poi versare su una piastra rovente una quantità sufficiente a formare un disco della dimensione del palmo di una mano e cuocere su un solo lato.
Quando saranno pronti, porre al centro di ogni disco gli ingredienti del ripieno, precedentemente mescolati. Alcune varianti, più rare, prevedono che si possano sostituire noci (o pistacchi o mandorle) con datteri, uvetta, nocciole. Chiudere quindi il disco di pasta attorno al ripieno e sagomarlo come una mezza luna. Poi cospargerlo di burro e cuocerlo in forno oppure friggerlo in olio bollente. Prima di servirlo, immergerlo in sciroppo di zucchero caldo o miele.
KIBBEH FRITTO, ricetta di Walid Omar, Damasco
Ingredienti per l’involucro:
1 kg di bulgur
½ kg chilo di carne macinata
2 cipolle grandi
spezie di Aleppo (o la mistura conosciuta come “le 7 spezie”, già pronta)
Ingredienti per il ripieno:
1 kg di carne macinata
200 gr di noci
2 cipolle ben macinate
1 cucchiaino di sale
1 cucchiaino di spezie
Procedimento
Lavare il bulgur, scolare l’acqua con un setaccio e tenere il grano da parte. Tritare le cipolle in molto sottili, aggiungere la carne, il bulgur, due cucchiaini di sale e uno di spezie. Con le mani mescolare e formare un impasto, lavorandolo per circa 10 minuti e fino a quando il colore diventa rosato e profumato. Poi coprirlo e tenerlo in frigo da qualche ora a una notte intera. Preparare intanto il ripieno, cuocendo la carne e aggiungendo le cipolle nell’ultima fase della cottura. Unire noci, sale e spezie mescolando per due minuti e fino a quando il composto sarà ben amalgamato. Con l’impasto dell’involucro formare delle polpettine di forma ovale. Con un dito scavare un solco all’interno di ciascuna e sagomare l’involucro a forma di uovo, quindi inserirvi il ripieno con l’ausilio di un cucchiaino. Richiudere delicatamente con il palmo della mano, meglio se bagnato di tanto in tanto con un po’ di acqua. Una volta riempite tutte le palline, metterle in padella con olio e friggerle fino a quando siano di un bel colore marrone. Servite calde.
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