(ANSA) - LEOPOLI, 28 MAR - Andrii Kropyvnytskyi ha 36 anni, un bel sorriso, e ancora un po' di ottimismo nonostante sia su un letto d'ospedale con la gamba destra amputata sopra il ginocchio. Fino ad un anno fa era un ingegnere, lavorava per l'italiana Irem Spa che realizza piattaforme petrolifere nel mondo. Poi la guerra, il fronte, fino a quello scontro nella zona di Lugansk che il 4 febbraio di quest'anno gli ha cambiato la vita per sempre. "Hanno provato a salvarmi la gamba, qui i medici sono bravissimi, ma non è stato possibile. Ora aspetto la protesi". E se gli chiedi se sia pentito di essersi arruolato come volontario risponde: "No, assolutamente, dobbiamo difendere la nostra patria".
Andrii è uno dei feriti di guerra ricoverati all'ospedale San Pantaleone di Leopoli, una eccellenza della sanità ucraina che ha collaborazioni con il Bambino Gesù di Roma e il Rizzoli di Bologna e che nell'ultimo anno ha dovuto rapidamente riconvertirsi nella cura dei feriti di guerra. Ne sono passati undicimila in questi tredici mesi e per loro è stato approntato il progetto 'Unbroken' che cerca di affrontare i problemi complessivamente, dalle cure fisiche a quelle psicologiche. In questi giorni i feriti di guerra in corsia, tra militari e civili, sono circa trecento.
A loro è arrivato il messaggio di Papa Francesco: "Dio non è crudele, Dio coccola, è l'uomo che quando si sente Dio diventa crudele". A farsi portavoce di queste parole, nelle stanze dell'ospedale di Leopoli, è il francescano padre Enzo Fortunato.
Lo ripete ai feriti, uno ad uno, perché il Papa vuole che sia un messaggio da consegnare personalmente. Il Pontefice ha anche inviato a tutti un biglietto di auguri per la prossima Pasqua e i rosari. A portare in Ucraina la sua vicinanza è la missione di pace promossa dalla cooperativa Auxilium con i Francescani, Sant'Egidio e Figc.
Auxilium, che da molti anni si occupa di assistenza sanitaria in Italia, ha portato casse di medicinali al nosocomio di Leopoli. "Sono farmaci di ogni tipo, dispositivi sanitari, garze e cannule, ma ci hanno chiesto soprattutto antidolorifici", spiega il presidente della cooperativa Angelo Chiorazzo.
Ma se il Brufen o gli altri medicinali possono lenire i dolori fisici, più difficile sarà curare quelli dell'anima. Come il dramma che vive Yuri, 21 anni, che oggi dorme solo grazie ai farmaci. È stato catturato dai russi all'inizio della guerra nell'Isola dei Serpenti. E' stato liberato dopo nove mesi, lo scorso 22 novembre, grazie ad uno scambio di prigionieri. E se gli chiedi un ricordo di quei giorni abbassa lo sguardo e dice poche parole: "Niente di bello". Anatoli è appena arrivato da Bakhmut con una parte del cranio sfondato e il suo sguardo azzurro perso nel vuoto. Vladimir ha combattuto per tutti questi mesi in Donbass, è sdraiato sul suo letto, e fa fatica ad articolare le parole.
A vegliare su loro c'è una schiera di angeli custodi, come Roxi, 24 anni, fisioterapista. Il suo lavoro è riabilitare gli arti ma lo fa sorridendo e ascoltando queste storie terribili.
"I nostri ragazzi che tornano feriti dal fronte hanno tanto bisogno di parlare, di tirare fuori i loro dolori". E lei come va avanti in mezzo a tante crudeltà ascoltate? "Quando finisco il mio lavoro cerco di lasciare il dolore qui per continuare a fare una vita, per quanto possibile, normale". Per quanto possibile. (ANSA).