Le imponenti ma delicate figure in
marmo di candidi neonati, che invitano a riflettere sulla
fragilità e la potenza misteriosa della vita umana. Il gioco e
la bellezza di coloratissimi disegni in cui l'ingenuità della
pittura infantile si fonde con quella di un maestro che è anche
padre, come in una perfetta improvvisazione musicale. E ancora,
canarini appollaiati su cervelli umani, quasi a spiare i
meccanismi segreti della mente, e un uomo che coltiva il sogno
proibito di misurare l'infinito. È un'esplorazione tra arte,
filosofia e spiritualità la mostra di Jan Fabre alla Galleria
Mucciaccia di Roma che, per la prima volta in Italia, raccoglie
i due più recenti capitoli della sua produzione artistica:
"Songs of the Canaries" e "Songs of the Gypsies".
Allestita dal 31 gennaio al 1 marzo, a cura di Dimitri
Ozerkov, l'esposizione, concepita in due sezioni distinte, apre
le porte al simbolismo e alle riflessioni più intime, tra atomi
e neuroni, tra pensiero e materia, dell'artista belga. "Credo
che queste due mostre siano connesse l'una all'altra dalla
geometria delle vibrazioni. Quando guardi al cervello i neuroni
sono sempre in movimento, e lo stesso accade con gli atomi che
cambiano continuamente", spiega Fabre all'ANSA, che anche in
questo progetto sorprende il visitatore attraverso un uso
innovativo dei materiali. Artista visivo, creatore teatrale e
autore, capace di fondere tradizione artistica, filosofia,
scienza e spiritualità in un unico personale universo creativo,
Fabre è stato il primo artista vivente a tenere grandi mostre
personali in istituzioni prestigiose come il Louvre nel 2008 e
l'Ermitage di San Pietroburgo nel 2017. "In molti mi hanno
chiamato genio ma onestamente io mi sento un nano nato nel Paese
dei giganti. Sto ancora imparando da maestri come Bosch, Rubens,
van Eyck, van Dyck", racconta.
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