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A teatro l'Accabadora di Anna Della Rosa da Michela Murgia

A teatro l'Accabadora di Anna Della Rosa da Michela Murgia

Intenso omaggio alla scrittrice con regia di Veronica Cruciani

ROMA, 14 giugno 2024, 18:58

di Paolo Petroni

ANSACheck
- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Ha la forza vitale del rapporto con la vita e la morte che ebbe Michela Murgia (scomparsa ad agosto scorso e che avrebbe compiuto in questi giorni 52 anni) la riduzione a monologo, firmata da Carlotta Corradi, del suo romanzo più celebre, 'Accabadora' (Einaudi), con cui vinse il Premio Campiello nel 2010 e che dà il titolo anche allo spettacolo in tournée, arrivato all'Argentina di Roma con la regia di Veronica Cruciani e l'intensa interpretazione di Anna Della Rosa.
    Qui, il racconto originale in terza persona e molto dialogato, ambientato nella Sardegna anni '50, è diventata la confessione, il racconto che Maria fa della propria vita nel momento più drammatico, quello in cui torna a casa, a Soreni, e si trova costretta a fare i conti con la mamma Tzia Bonaria Urria che è sul letto di morte e chiede un gesto di pietà alla bambina che ha cresciuto amorevolmente, ma nascondendole tutta la verità sul proprio ruolo in paese, celato dietro la professione di sarta.
    Scappò a Torino, cercando di inventarsi un'altra vita dove nessuno sapeva chi fosse Tzia Bonaria, chiusa nel suo vestito nero, ma quando questa si ammala viene richiamata e torna, divisa tra affetto e rabbia, perché lei, prima di andarsene aveva saputo da un uomo che aveva respinto, come Tzia fosse la persona chiamata per aiutare le persone in fin di vita, malate, a morire, ma una volta anche un giovane che aveva perso una gamba e glielo aveva chiesto fortemente.
    Se Maria racconta che Torino è una città grigia, con tutte le strade a 90 gradi, così la scena è spoglia e con arredi leggeri, solo geometrie, a contrasto con la materia calda del racconto e con le case clorate e le stradine irregolari di Soreni. E se la vicenda è ricca di chiaroscuri, così la regia gioca con le luci e quando maria giunge al momento culminante della sua esistenza e si veste come Tzia anche lei tutta di nero, ecco che le sue mani risaltano vive e chiare, quelle mani che alla fine spingono alludendo allo schiacciare il cuscino fatale.
    È un percorso quello di Maria dentro una crisi aspra e sconvolgente nell'accettare la pesante eredità di Tzia, nel riportare a galla tutti i loro contrasti ideologici, affettivi, morali e la Della Rosa, abituata a interpretare donne forti e esemplari, le dona tutta la sua agitazione fisica e verbale, con momenti quasi di danza, in cui coinvolge tutto il corpo capelli compresi, ogni tanto andando un poco sopra le righe, lasciando che prevalga la forza sull'intensità in un continuo variare di toni e intensità, cercando la verità del sentire e del dire, così da ricevere infiniti applausi calorosi e chiamate al proscenio. 
   

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