(ANSA) - NAPOLI, 06 MAR - Il colesterolo alto è un killer
silenzioso che miete vittime al pari delle principali malattie
cardiovascolari e del diabete ed è una delle principali concause
dell'ictus e dell'infarto. Nelle regioni del centro sud solo il
20 per cento della popolazione affetta da questo dismetabolismo
raggiunge i valori target indicati dalle linee guida e dalle
Società scientifiche per la prevenzione. La scarsa aderenza alle
indicazioni del medico, la tendenza ad abbandonare le cure, le
difficoltà di accesso alle nuove terapie e farmaci, la
inadeguata comunicazione ai pazienti dei rischi che si corrono a
lasciare che il colesterolo continui a danneggiare in maniera
silente le arterie sono i principali nodi da sciogliere per
prevenire gli esiti infausti di questa condizione metabolica e
potenziare e migliorare i percorsi di diagnosi, prevenzione e
cura. Strada che, nelle regioni del centro e del sud, conduce a
bisogni irrisolti, innovazioni non sempre accessibili e nuove
necessità organizzative delle reti di connessione tra medicina
di famiglia, specialistica degli ambulatori, distretti e
ospedali.
È quanto è emerso nel corso dell'evento "Pnrr,
ipercolesterolemia, rischio cardiovascolare, tra bisogni
irrisolti, innovazione e nuove necessità organizzative
-Lazio/Campania/Sardegna" in due tavole rotonde di
approfondimento scientifico sulla realtà sanitaria e
assistenziale delle regioni del centro Sud promosse a Napoli, da
Motore Sanità(con il contributo incondizionato di
Daiichi-Sankyo) a cui hanno partecipato, per la parte
istituzionale, Valeria Ciarambino, vicepresidente del Consiglio
regionale della Campania,Carla Cuccu, Consigliere regionale
della Commissione Sanitàdella Sardegna.
Al tavolo dei relatori Pasquale Perrone Filardi, Presidente
regionale SIC e ordinario Cardiologia della Federico II, Napoli,
Paolo Calabrò, Ordinario Malattie Apparato Cardiovascolare della
Vanvitelli di Napoli, Adriano Cristinziano, Direttore della
Farmacia del Monaldi di Napoli, Giovanni Esposito,Presidente
nazionale GISE, Mariano Fusco, Direttore Dipartimento
farmaceutica Asl Napoli 2 Nord, Paolo Golino, Direttore
Cardiologia della Vanvitelli presso il Monaldi, Sergio
LaiComponente Fondazione Italiana per il Cuore. E ancoraMarta
Marziali, Cardiologa dell'Asl Roma 2, Daniele PastoriDirigente
medico al Policlinico Umberto I di Roma, Damiano Parretti,
Responsabile area Cronicità cardiovascolare SIMG,Eliana Pisani,
Specialista ambulatoriale Cardiologia Asl Roma 2,Daniela
Ricciardulli, Responsabile Farmacia Asl Roma 1, Adriano
Vercellone, Dirigente Dipartimento Asl Napoli 3 Sud e
Consigliere regionale SIFO e Francesco Saverio
Mennini,Professore di Economia sanitaria a Tor Vergata.
"Il colesterolo alto è una mina per la salute, un killer silente
che dopo alcuni anni, se non si interviene per il suo controllo
e per abbassarne i livelli, attacca cuore e arterie al pari
della pressione alta e del diabete- ha sottolineato Perrone
Filardi-provocando nel tempo ictus e infarti che possono
insorgere anche in giovane età se c'è una ipercolesterolemia
familiare omozigote, ossia ereditata sia dal padre che dalla
madre".
"In Italia, ogni anno, per malattie cardiovascolari muoiono più
di 224mila persone (23mila in Campania, un po' di più nel Lazio
e un po'meno in altre regioni del Sud come la Sicilia, la Puglia
e la Sardegna) - ha aggiunto Marcello Pani, Segretario
nazionale SIFO, Direttore Farmacia Policlinico Universitario A.
Gemelli IRCCS Roma - ma non tutti sono consapevoli del ruolo che
svolge in queste morti evitabili il colesterolo alto che è la
principale causa di circa 47.000 decessi (5 mila circa in
Campania). I ricoveri sono così l'approdo finale e inappropriato
di un processo patologico che impiega anni prima di tradursi in
danni irrecuperabili per le arterie di cuore e cervello".
Il nodo da sciogliere è dunque consentire un accesso rapido e
appropriato ai percorsi di cura.
"Il deficit di comunicazione e pazienti poco informati sulle
conseguenze del mancato raggiungimento dei valori target di
colesterolo- ha poi sottolineato Paolo Severino- indicano i
problemi da superare per chi si muove e opera su queste
patologie. I numeri della mortalità e morbilità evitabili a
causa del colesterolo non controllato, sono importanti,
l'ischemia cerebrale e coronarica sono solo il punto di approdo
finale di un problema non affrontato per 10, 15 anni che incide
anche sui livelli di ospedalizzazione".
Prevenzione primaria e secondaria e mitigazione del rischio nei
pazienti cronici, anche attraverso una corretta indicazione suoi
valori da raggiungere a seconda dello stato clinico del paziente
e dei fattori di rischio sono gli elementi di cui tenere conto
nel corso della terapia ipocolesterolemizzante. "Anche i
laboratori di analisi nell'indicare il range di valori normali
spesso non tengono conto delle varie possibili configurazioni
del rischio e delle indicazioni delle società scientifiche. Un
infartuato o un diabetico ad esempio- continua Pani - dovrà
conseguire valori diversi rispetto a un paziente in sovrappeso
ma giovane e senza familiarità così anche un ultra55 enne
aterosclerotico che ha una placca riconoscibile con un semplice
doppler dei tronchi sovra aortici dovrà avere un valore di
colesterolo Ldl sotto il livello di 75".
L'obiettivo da raggiungere dunque è mettere in rete Internisti,
medici di medicina generale e specialisti di varie discipline
per rendere capillare e condivisa l'informazione per decidere di
assumere un determinato farmaco innovativo considerando che oggi
le indicazioni di riferimento sono comuni in tutta Europa. "Oggi
- conclude lo specialista - l'unico modo in cui ospedale e
territorio comunicano è rappresentato dalla lettera di
dimissioni dall'ospedale".
Nella maggioranza dei casi la predisposizione
all'ipercolesterolemia è più sfumata e sfuggente, influenzata
maggiormente dall'alimentazione, dallo stile di vita, dalla
sedentarietà e dalla mancanza di attività fisica. "Superati
determinati livelli di colesterolo Ldl tuttavia (mediamente
sopra il valore 100)- ha aggiunto Calabrò - le cure e
l'assunzione di farmaci specifici diventano indispensabili per
non ritrovarsi a 50 o 60 anni con le classiche placche alle
carotidi e preoccupanti livelli di rischio di eventi
cardiovascolari acuti con malati che finiscono poi nelle Utic e
unità stroke ospedaliere".
"Negli ultimi anni si è registrato un costante incremento del
consumo di farmaci ipolipemizzanti (+38% rispetto al 2014), in
linea con il trend in aumento della prevalenza e incidenza delle
dislipidemie nella popolazione (rapporto Osmed 2021)- ha quindi
sottolineato Daniela Ricciardulli- tuttavia circa il 50% dei
soggetti con dislipidemia non sono trattati farmacologicamente o
lo sono in maniera non adeguata, senza raggiungere i target di
colesterolo Ldl previsti, e l'aderenza alle terapie
ipolipemizzanti è limitata con importanti ricadute in termini di
sanità pubblica e di costi sanitari".
Le statine, spesso prescritte dai medici di famiglia, spesso non
raggiungono lo scopo di ridurre adeguatamente i livelli di
colesterolo scontando abbandoni, bassa aderenza e anche effetti
collaterali come i dolori muscolari. I pazienti che hanno già
usato statine ad alto dosaggio ed ezetimibe ma intolleranti alle
statine e che non hanno ancora raggiunto i livelli di
colesterolo desiderati possono giovarsi anche dell'Acido
bempedoico che in base agli ultimi studi riduce di circa il 20%
in 12 settimane i livelli di Ldl senza provocare lesioni e
dolori muscolari come le statine. Farmaco a basso costo che può
essere gestito anche dalla medicina di base sebbene oggi abbia
un target soltanto specialistico e ancora poco utilizzato in
clinica. L'ultima opzione è l'uso dei PCSK9 anticorpo
monoclonale molto efficace ma ad alto costo e riservato in terza
battuta ai pazienti a rischio molto alto (nota 13).
"Da oltre 10 anni la SISA (Società Italiana per lo Studio
dell'aterosclerosi)- ha aggiunto Daniele Pastori - attraverso la
sua Fondazione ha creato una rete di centri specializzati nella
diagnosi clinica e molecolare delle dislipidemie genetiche".
Fari accesi sul progetto Lipigen (Lipid TransPort Disorders
italian Genetic Network): 49 centri attivi distribuiti in tutta
Italia. I medici del territorio devono conoscere l'attività dei
centri e avere la possibilità di inviare i pazienti con sospetto
di dislipidemia su base genetica nel centro di riferimento della
propria regione. In considerazione dell'elevatissimo rischio
cardiovascolare di questi pazienti, il riconoscimento precoce di
una dislipidemia su base genetica è essenziale per la riduzione
delle complicanze cardiovascolari"
Nonostante questo scenario, su oltre 1 milione di pazienti in
Italia a più alto rischio di cui 100 mila solo in Campania,
l'80% non raggiunge il target indicato dalle più recenti Linee
guida internazionali. Un problema sanitario che durante la
recente pandemia è drasticamente peggiorato a causa dei minori
controlli, di mancate diagnosi e della perdita di aderenza
terapeutica.
La scarsa aderenza alla terapia ha molteplici cause: scarsa
percezione della malattia, timore di eventi avversi (danni ai
muscoli delle statine), politerapia, costi di compartecipazione.
Informazione e responsabilizzazione, anche rispetto ai corretti
stili di vita, e uso di cure più efficaci e innovative gli
obiettivi da perseguire nell'ottica di una sanità d'iniziativa e
della personalizzazione delle cure.
"La medicina generale ha un ruolo fondamentale nella revisione
periodica dell'aderenza. Attraverso analisi di
farmaco-utilizzazione è possibile fornire ai prescrittori
strumenti operativi utili a individuare i pazienti non aderenti
alle terapie (copertura terapeutica di statine inferiore
all'80%) su cui intervenire proattivamente in collaborazione con
lo specialista di riferimento". (ANSA).