(ANSA) - NAPOLI, 26 MAG - Gli hub della terapia del dolore in
Campania sono a Giugliano, Monaldi, Oliveto Citra (in fase di
attivazione) al Pascale e al Santobono. Strutture che hanno
anche posti letto dedicati mentre gli spoke sono alla Federico
II, al Sant'Anna e San Sebastiano diffusi anche nei presidi
delle Asl.
In Campania solo il Cto, pronto soccorso dell'Azienda dei
colli, ha un'unità operativa "no pain", ossia strutturalmente
orientata alla sedazione e alla lotta al dolore inutile con un
tasso di utilizzo di oppiodi, nelle specialità indicate in
clinica, di 1 fiala ogni 23 accessi. "Da un'indagine condotta
per la prima volta nel 2009 della Società scientifica italiana
dei medici di emergenza e urgenza e pronto soccorso - avverte il
primario Mario Guarino - emerge un consumo medio di fiale di
oppiacei nelle strutture italiane (un valido indicatore della
corretta terapia del dolore severo, il più frequente all'interno
di un Pronto soccorso), dell'1,04% ossia meno di una fiala ogni
cento accessi, considerando che uno stesso paziente ne assume
più di una durante il ricovero. Questa indagine è stata ripetuta
nel 2017 e la media è salita a 1 ogni 75 accessi e fino al 2022
siamo attestati a non più di 1 fiala ogni 65. Ancora poco,
pochissimo per dire che l'attenzione al dolore sia posta nella
giusta attenzione dai clinici e dai livelli organizzativi delle
reti di cura".
Sono i dati che emergono dal tavolo di confronto promosso oggi a
Roma da Motore in vista della Giornata Nazionale del Sollievo
del 28 maggio. Saranno presenti Andrea Casu, onorevole XIX
Legislatura, Beatrice Lorenzin, senatrice XIX legislatura,
Annamaria Parente, presidente Commissione Sanità XVIII
Legislatura del Senato, Federico Casale, segretario generale
Antea, Francesco Saverio Mennini, docente di Economia sanitaria
e Economia Politica alla Tor Vergata di Roma, Raffaella Pannuti,
Presidente Ant, Michele Sofia, direttore Sanitario Ats di
Bergamo, Claudio Zanon, direttore scientifico di Motore Sanità,
Enrico Rossi relazioni con le Regioni di Motore Sanità, già
presidente Regione Toscana e Pasquale Buonanno, ricercatore e
Docente di Terapia Antalgica e anestesiologia alla Federico II.
Il 19% degli uomini e l'11% delle donne affetti da dolore
cronico in Italia attendono fino 10 anni prima di ottenere un
corretto inquadramento diagnostico del proprio dolore - avverte
quest'ultimo - il 17,7 % degli Italiani si è rivolto a più di 5
medici prima di riuscire a trovare uno specialista che sia stato
in grado di inquadrare e risolvere il proprio problema. Nel
nostro Paese l'11,8% dei pazienti affetti da dolore cronico non
riceve alcun tipo trattamento, percentuale ben al di sopra degli
standard europei e circa il 20% della popolazione generale,
percentuale che sale ad oltre il 50% nella popolazione anziana,
in Italia è affetto da dolore cronico. A ciò si aggiunge la
scarsa conoscenza da parte della popolazione della terapia del
dolore: il 25 % dei pazienti con dolore cronico non ha mai
consultato uno specialista algologo, il 15 % non è a conoscenza
di questa figura medica".
I pazienti insomma in molte regioni d'Italia giungono alla
terapia del dolore con estremo ritardo dopo aver tentato strade
infruttuose: Incompleta attuazione della legge 38/2012
(nonostante siano trascorsi più di 12 anni) e ad una scarsa
conoscenza della terapia del dolore e delle opzioni terapeutiche
da parte degli stessi medici che dovrebbero orientare il
percorso diagnostico-terapeutico del paziente le cause
principali di questo gap. "Eppure il dolore influenza non solo
la sfera personale del paziente - conclude il prof. Buonanno -
ma ha un drammatico impatto sulla collettività con dei costi
diretti annui a carico del Sistema Sanitario Nazionale pari a
1400 euro per ciascun paziente (in termini di farmaci, ricoveri
e diagnostica) e 3200 euro di costi indiretti (perdita di
giornate lavorative e distacchi definitive dal lavoro), con una
spesa annua a carico del Servizio sanitario di circa 11 miliardi
di euro (circa il 10% della spesa sanitaria nazionale). A questo
costo va aggiunta una perdita di produttività difficilmente
calcolabile legata alla riduzione del rendimento di quei
pazienti che, nonostante il dolore, continuano a svolgere il
proprio lavoro". Prendere in carico un paziente significa
pianificare il suo percorso diagnostico-terapeutico attraverso
un approccio multidisciplinare da cui la terapia del dolore non
può prescindere".
La prima figura con la quale il paziente affetto da dolore si
interfaccia è il medico di medicina generale, per questo
dovrebbero ricevere un'idonea formazione al fine di riconoscere
prontamente le esigenze del paziente ed indirizzarlo verso
strutture a più alta complessità di cure come gli Spoke e gli
Hub; questi ultimi, in particolare, sono strutture ospedaliere
dotate di posti letto dedicati alla terapia del dolore con
possibilità di ricoveri in day hospital, day surgery e ricoveri
ordinari, in grado di fornire cure con le più alte tecnologie
quali neurostimolatori midollari, utilizzati soprattutto in caso
di dolore neuropatico come mal di schiena irradiato agli arti
inferiori, ma anche in altre situazioni come dolore da ischemia
degli arti inferiori, e pompe intratecali per il trattamento di
dolori di diversa origine come dolore da cancro, dolori
vertebrali nonché pazienti affetti da spasticità. (ANSA).