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'Baby gang', in un libro viaggio nella violenza dei giovani

Dalle vittime ai carnefici, anatomia del fenomeno

(ANSA) - MILANO, 03 APR - Il 30% dei ragazzi italiani ha partecipato a una rissa, il 16% ha compiuto atti vandalici, il 6,5% fa parte di una banda: parte da dati 'Baby gang. Viaggio nella violenza giovanile italiana' (San Paolo edizioni, pp 160.
    16 euro) volume scritto dal giornalista Edoardo Arcidiacono. Ma è solo l'inizio per inquadrare un fenomeno che è sempre esistito e adesso, grazie anche ai social, è diventato ancora più evidente.
    Viaggio è il termine giusto perché Arcidiacono, scrittore, musicista e vicecaposervizio di Famiglia Cristiana, si è messo in viaggio per parlare con tutti i protagonisti di questo fenomeni: carabinieri, giudici, madri, sacerdoti, insegnanti, avvocati e gli stessi ragazzi, maschi e femmine perché il fenomeno non fa distinzione di genere. Ogni incontro è un capitolo diverso. C'è il maresciallo Antonio Falivene che lavora nella movida milanese. E don Claudio Burgio, cappellano del carcere minorile Beccaria, responsabile della comunità Kayros di Vimodrone, dove accoglie tanti di questi ragazzi che "presi da soli possono sembrare adolescenti tranquilli" e poi "in gruppo si trasformano".
    E ci sono i genitori come Patrizia Guerra, un passato da bulla, che si è trovata a essere la madre di una vittima e non ha voluto tacere sulle baby gang e anzi, ha fondato i City Angels ad Ancona. Nord, Sud, Centro, Isole: il fenomeno delle baby gang riunisce tutta l'Italia. A Manduria, in provincia di Taranto, Arcidiacono ha incontrato Pamela Massari, una maestra che, dopo lo scandalo per la morte di Cosimo Stano, un sessantenne con problemi psichiatrici che veniva picchiato e tormentato dal branco, ha scritto un post sulla responsabilità delle famiglie, sul "senso di impunità" con cui i ragazzi crescono. Omar invece è milanese d'origine africana, racconta dell'appartenenza al gruppo, al suo quartiere, della trap.
    'Disagio giovanile e panorama musicale rap' è il titolo della relazione firmata dal questore di Milano Giuseppe Petronzi lo scorso settembre. La fine del viaggio è un ritorno da don Burgio, alla comunità Kayros che ha come motto "non esistono ragazzi cattivi". (ANSA).
   

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